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Dopo il riassetto al vertice della banca, che ha portato alla giubilazione di Giovanni Berneschi e alla sua sostituzione con Cesare Castelbarco Albani, arriva, non del tutto a sorpresa, il contraccolpo su Fondazione Carige.
 
Ieri, infatti, 17 consiglieri dell’organismo di indirizzo (su 28 complessivi, comprendendo lo stesso Repetto) hanno formalizzato nero su bianco la volontà di far fuori l’imprenditore prestato alla finanza dalla guida del principale ente finanziario ligure.

I consiglieri che non hanno sottoscritto il documento sono Dagna, Regazzoni, Treccani, Bacigalupo, Mazzarello, Morettini, Papone, Piombino, Crosa di Vergagni e D’Angelo. Tutti gli altri, invece, hanno fatto pollice verso. Secondo ambienti a lui vicini, Repetto avrebbe accolto con “profonda amarezza” l’iniziativa e potrebbe anche valutare, nelle prossime ore, di giocare d’anticipo e dimettersi. A frenarlo e a poterlo convincere di andare alla conta in consiglio, anche se per ora i numeri lo danno perdente, è la consapevolezza che dalla vicenda potrebbero esserci ripercussioni negative sulla banca.


I 17 consiglieri di indirizzo avevano già tentato una prima mossa alla vigilia dell’assemblea di Banca Carige, con l’obiettivo di prendere tempo e frenare il ricambio del management, giocando sul fatto che da lì a poco sarebbe scaduto il mandato del Cda della Fondazione. Andato a vuoto quel tentativo, ora l’argomento torna di stretta attualità.

Repetto, il cui incarico andrebbe a scadenza naturale nel 2016, insieme con lo stesso consiglio di indirizzo, è entrato nel mirino per l’operazione di “repulisti” compiuta fin dal suo arrivo in Fondazione Carige, imponendo la chiusura delle società strumentali, il cambio al vertice delle compagnie assicurative e, storia di poche settimane fa – ed è l’elemento che più ha diviso – l’azzeramento del ponte di comando della Banca, provocando l’uscita di scena di Giovanni Berneschi, per decenni “padre padrone” dell’istituto.

Va detto che Repetto ha agito, già dal primo momento, secondo gli indirizzi ricevuti da Bankitalia, quando ancora al timone di Palazzo Koch c’era Mario Draghi, migrato poi alla guida della Banca centrale europea. Secondo alcune fonti, anzi, nell’ultimo periodo Bankitalia avrebbe addirittura rimproverato a Repetto di aver troppo tergiversato nell’imporre l’uscita di Berneschi, sul quale – e sull’intero precedente consiglio, del quale facevano parte anche i nuovi presidente e vice, Castelbarco e Alessandro Repetto – si sono abbattuti gli strali degli ispettori dell’istituto centrale. Quello che Bankitalia ha contestato, in particolare, sono la gestione personalistica di Berneschi e, fra l’altro, una serie di finanziamenti che non stati iscritti nel registro delle sofferenze quando sarebbe risultato chiaro la banca avrebbe potuto avere delle difficoltà nel rientrare di quei crediti.


Lo scenario che si apre con la richiesta di revoca di Flavio Repetto è carico di incognite anche per il futuro della banca. Il nuovo Cda, insediatosi con l’assemblea dello scorso 30 settembre, ha infatti avviato la ricerca di un amministratore delegato affidando il compito a una società di “cacciatori di teste” e questa scelta è ritenuta cruciale per dare impulso al nuovo corso aperto con l’uscita di Berneschi.

Ora, però, la situazione rischia di entrare in stallo
: se il consiglio di indirizzo, dove ci sono i numeri alla luce delle firme raccolte per far fuori Repetto, dovesse esprimere un presidente apertamente ostile al nuovo vertice della banca, sarebbe difficile tenere insieme un azionista – la Fondazione – con un presidente e un vicepresidente della banca che sono espressione della precedente “corrente” di pensiero. Questo, inoltre, rischia di pregiudicare la stessa ricerca dell’amministratore delegato: chi accetterebbe un incarico che già di per sé si annuncia gravoso, per quanto stimolante, sapendo che l’azionista non condivide il “nuovo corso”? O, quanto meno, lo immagina diverso da come si è evoluto, nei fatti e nei protagonisti? Il tutto contempla il ritorno del pericolo che in uno scenario di completa rottura Bankitalia decida il commissariamento di Carige.
 
Dal punto di vista politico, va segnalato che con Repetto sono rimasti i rappresentanti del Comune di Genova ed esponenti non secondari del Pd (Mazzarello e Morettini), mentre gli scajolani (fra cui Pierluigi Vinai, che è stato accreditato dell’ambizione di essere lui il nuovo vicepresidente della banca e per il quale il presidente della Fondazione si era molto speso quando si candidò contro Doria alle ultime comunali genovesi) lo hanno mollato. Qui, però, avrebbe giocato a sfavore di Flavio Repetto l’elemento della territorialità: nel nuovo Cda della banca, infatti, non siede neppure un imperiese e questo non sarebbe piaciuto all’ex ministro Claudio Scajola, il quale già nell’immediatezza delle nomine sarebbe sbottato: “Non ci si può dimenticare che parliamo della Cassa di risparmio di Genova ma anche di Imperia”.

Un ulteriore colpo per Repetto, che sul “nuovo corso” aveva invece ottenuto l’appoggio dell’ex ministro.