Per certi versi è ammirevole l’assessore Vesco che, seppure amareggiato, dice: “il mio rapporto con i sindacati non cambia”. L’aggressione, gli spintoni, le offese lungo il tragitto dalla Prefettura di Genova alla Regione Liguria, al termine del vertice sul futuro di Atp, sono stati vergognosi.
E la sua reazione è stata molto composta. Alcuni rappresentanti dei lavoratori hanno dichiarato che, pur condannando la violenza, quello che è successo si poteva giustificare con la tensione che si stava vivendo in quel momento, durante lo sciopero.
Massimo rispetto per i lavoratori delle aziende di trasporto pubblico. Però cosa dovrebbero fare quelle migliaia di lavoratori che il posto di lavoro lo hanno già perso e non hanno mai avuto una macchina sindacale organizzata alle spalle?
Parliamo di quelli che non possono contare su mobilitazioni di massa ogni qual volta si parla di possibili esuberi, razionalizzazioni, revisioni dei piani industriali; di quelli che sono senza paracadute, disoccupati e precari, quelli che le ferie non le hanno e non le avranno, e comunque non arrivano alla fine del mese con un degno stipendio.
Se giustificassimo spintoni e sputi degli autoferrotranvieri, dovremmo autorizzare altri a scatenare l’inferno contro il malcapitato assessore al lavoro. E sia chiaro: non è una guerra tra poveri. E’ la differenza tra chi ha molte tutele (e ne approfitta, arrogandosi il diritto di utilizzare qualsiasi strumento per far valere le proprie ragioni) e chi non le ha e non le può avere.
E poi diciamo la verità: la vittima dell’aggressione è proprio quell’assessore che non si è mai sottratto a quei famosi “tavoli di concertazione”, spesso inutili e sempre invocati dai sindacati, che dovrebbero essere sostituiti con decisioni rapide ed efficaci, di istituzioni che devono assumersene le responsabilità, anche quando sono impopolari.
La vera colpa di Vesco, semmai, è proprio questa: voler ad ogni costo mettere tutti d’accordo, anche quelli che poi sono pronti a colpirlo alle spalle.
politica
Vesco, ecco perchè tutti quei tavoli non servono
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