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Con lui se ne va il simbolo della Prima Repubblica e della storia d'Italia dal dopogruerra a oggi: Giulio Andreotti è stato sette volte Presidente del Consiglio (l’ultima tra il 1991 e il 1992, alla vigilia di Tangentopoli, e diciannove volte ministro (Difesa, Esteri, Partecipazioni statali, Finanze, Industria e Interno). Nato a Roma il 14 gennaio 1919, laureato in Giurisprudenza, si era avvicinato alla politica sin da giovane, da subito nella Democrazia Cristiana. De Gasperi lo volle all’Assemblea costituente nel 1946, e nel 1948 fu eletto alla Camera per la prima volta.

Da allora ha sempre avuto ruoli istituzionali, attraversando il boom economico gli anni ’60 e i momenti più difficili della storia repubblicana. Nel 1992 era stato a un soffio dall’elezione a Presidente della Repubblica, ruolo che avrebbe coronato il suo cursus onorum istituzionale, ma a lui venne preferito Oscar Luigi Scalfaro. In seguito sarà nominato senatore a vita.

Coinvolto in pesanti procedimenti giudiziari, sarà scagionato dall’accusa di essere il mandante dell’omicidio del giornalista Mino Pecorelli, mentre il processo che lo vedeva accusato di avere favorito la mafia lo scagionò per il periodo successivo al 1980, mentre per il periodo precedente scattò la prescrizione.

"Con lui si ne è andato un soggetto eterno, anche con i suoi difetti. E' stato il pià giovane sottosegretario d'Italia, ha vissuto le stagioni anche contraddittorie di un grande partito, discusso come la Dc" ha commentato l'ex ministro genovese Alfredo Biondi contattato da Primocanale. "Era un uomo studioso, precisissimo, era come la gente lo vedeva", ricorda ancora Biondi.

Giulio Andreotti aveva compiuto 94 anni lo scorso 14 gennaio. I funerali si svolgeranno domani pomeriggio a Roma.