
Vieira e la sua squadra, schiacciati dall’ultimo posto in classifica e da zero vittorie, sotto la Gradinata Nord mercoledì notte a respirare la contestazione della gente genoana. Ecco l’immagine destinata a passare alla storia come l’ultima da allenatore di un Genoa che Patrick lascia dopo neanche un anno di panchina rossoblù.
L'arrivo a Pegli in punta di piedi
Arriva a fari spenti nello scorso novembre. Affacciandosi al Ferraris con un bagno di impopolarità misto indifferenza non certo indirizzato alla sua persona, quanto scatenato dal fatto che il francese andava a prendere il posto di Gilardino. L’Alberto Mundial in perfetta sinergia col “popolo genoano”, poco prima licenziato su due piedi nonostante un’infermeria affollatissima. Con la squadra in zona salvezza dopo la vittoria di Parma e il pareggio col Como.
Ribaltone Genoa: via subito Vieira, col Sassuolo in panchina Criscito e Murgita
Soprattutto forte del consenso di larghissima parte del popolo rossoblù, che lungo i mesi aveva imparato ad apprezzarne l’onesta intellettuale e la sofferenza addirittura fisica nel tentativo di portare raggi di sole su un Grifone a cui ha sempre dimostrato di tenere tantissimo, al di là del suo ruolo.
Patrick, da persona intelligente e lungimirante, entra in quella delicatissima fase del mondo Genoa in punta di piedi. Con apprezzabile eleganza e positiva leggerezza. Spesso in conferenza stampa facendosi grasse risate per dribblare le questioni più profonde. Un simpaticone, insomma, sempre sorridente e affabile, maestro nel farsi scivolare addosso le tensioni del momento.
La fuga veloce dal pericolo retrocessione
Comincia a recuperare giocatori, aggiusta qualcosa a livello tattico e il suo Grifone, pur entusiasmando di rado, risale velocemente la classifica. Fino ad approdare in un’assolata zona ben lontana da rischi di serie B. Viva Patrick, insomma, nel frattempo corteggiato da qualche top club. Inter in primis.
In parallelo, si solidifica il suo rapporto col neo presidente Sucu. Poi il prolungamento del contratto, trasferendo a Moena l’adrenalina di partorire un Genoa più o meno tutto suo. Senza strombazzamenti, ma con l’idea di provare ad “alzare l’asticella”, con l’ambizione di correre sulla strada della nuova serie A con qualche bollicina tattica in più e qualche giocatore in meno sotto la linea della palla.
Dal sogno estivo all'incubo d'autunno
In pieno autunno, però, il risveglio. Si scopre che quel sogno di mezza estate si è trasforma nel più canonico degli incubi: campagna acquisti bocciatissima, squadra che non vince mai, inchiodata e prigioniera in un sempre più irritante 4-2-3-1, giudicato però intoccabile da Patrick. Col condimento di zero gol segnati nelle prime 5 partite al Ferraris davanti ai 28.101 abbonati.
Succede adesso che in conferenza Patrick non sorride più. Facendo venire alla memoria il miglior Alberto Tomba quando si tratta di fare lo slalom nelle serrate questioni poste dalla stampa.
Rarissimi i passaggi di autocritica, quasi nulle le scosse (pubbliche) a un gruppo che piuttosto celermente arriva a capirci sempre di meno a livello tattico, finito del tutto in confusione anche di fronte alle situazioni più elementari. La partita di mercoledì contro la Cremonese ne rappresenta il triste manifesto.
Vieira alla fine condannato da una totale assenza di passi indietro (o anche laterali) riguardo a idee calcistiche che il campo boccia in maniera fragorosa. Col fardello di un mercato estivo da cui lui, da signore, pur essendo il primo a esserne penalizzato, non ha mai preso le distanze. Per complicità o per signorilità questo ce lo dirà il tempo.
Poi il tiramolla post Cremonese e un addio a fari spenti. Proprio come il suo ingresso un anno fa. Probabilmente rinunciando a giocarsi il tutto per tutto lunedì a Reggio Emilia. Perché ormai la fiducia attorno alla sua figura è sfumata del tutto.
A Genova Vieira lascia il piacevole ricordo di una persona che conosce profondamente il calcio, di cittadino del mondo, capace sempre e comunque di controllare emozioni e sentimenti. Ed è forse per questo che non entrerà del tutto nel cuore della gente rossoblù. Rispettato, apprezzato e stimato, certo. Ma quasi mai in grado di accendere quella scintilla di genoanità negli ultimi decenni peraltro esclusiva di pochissimi: Scoglio, Gasperini e Gilardino. O forse, più semplicemente, non ne ha avuto il tempo.
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