Non si può vivere di ricordi. Non si può sempre e solo guardare a un passato straordinario, soprattutto se il presente è deprimente. E però la storia resta, la storia non si dimentica. Sono passati 32 anni dalla scomparsa di Paolo Mantovani. Era il 14 ottobre 1993. Il più grande presidente della storia dell'Unione Calcio Sampdoria, l'uomo dello scudetto '91 e dei grandi successi (anche in Europa) di una squadra che fino a quel momento aveva avuto un ruolo più che buono nel calcio italiano ma che non aveva mai vinto nulla.
Il passato glorioso, la dura realtà
L'uomo che ha cambiato la storia blucerchiata, l'uomo che ha fatto entrare la Sampdoria nella storia del calcio italiano ed europeo. Oggi la Sampdoria non solo è lontana anni luce da quei palcoscenici ma non riesce neppure a giocare dignitosi campionati di Serie A, come più o meno ha sempre fatto dal 1946 in avanti. Perché la Sampdoria - vale la pena sottolinearlo - non è stata solo Paolo Mantovani. Prima e dopo, le pagine importanti sono state tante.
Oggi però il mondo doriano vive i suoi anni più bui: un fallimento societario sfiorato nel 2023, due campionati di B sempre in salita di cui l'ultimo soffertissimo, con una retrocessione in C prima vista in faccia e poi evitata miracolosamente ai playout.
La bella stagione
Ma siamo davvero sicuri che Paolo Mantovani rappresenti solo un ricordo, solo un passato che non tornerà mai più? Probabilmente sì, se si pensa ai risultati di quel periodo d'oro tra gli anni '80 e '90. Ma forse non tutto è ancora perduto. Paolo Mantovani non aveva solo costruito una grande squadra di campioni, non aveva solo dimostrato che anche la Sampdoria poteva competere per i traguardi più importanti. Paolo Mantovani aveva costruito e difeso un dna sampdoriano che è rimasto vivo tra i tifosi e anche tra i suoi ex ragazzi che ancora oggi continuano a seguire con affetto i colori blucerchiati.
La promessa di Roberto Mancini
L'omaggio più bello a Paolo Mantovani è arrivato pochi giorni fa quando Roberto Mancini ha ammesso di voler chiudere la carriera alla Sampdoria. Una questione di cuore, come una questione di cuore era stato il suo intervento la scorsa primavera, pur senza alcun ruolo ufficiale, nel riportare a Genova Evani, Lombardo e suo figlio Andrea, in un'operazione che aveva avuto un significato non solo tecnico ma anche simbolico.
Oggi la situazione è un po' diversa rispetto a qualche mese fa. C'è sempre Andrea Mancini nel ruolo di direttore sportivo, c'è sempre al suo fianco uno scudettato e blucerchiato doc come Gianni Invernizzi. Ma la Sampdoria, in una piramide difficile da comprendere, è gestita in primis da l'uomo di Singapore Tey, dal manager inglese Walker, dall'uomo degli algoritmi Fredberg. E però se questa Sampdoria, oggi in grande difficoltà in classifica, può sperare di risalire la china deve molto proprio alle scelte "manciniane", in primis gli inserimenti di Pafundi e Cherubini.
Il ricordo di Vialli
Ecco allora che il mondo blucerchiato, pur in una fase di contestazione nei confronti di questa proprietà e di depressione sportiva che dura ormai da quattro anni, può ancora sognare qualcosa di diverso quando sente parlare il Mancio. Eh sì, proprio lo stesso Mancio che nel 2021 aveva dedicato la vittoria dell'Europeo da ct della nazionale al ritorno di Paolo Mantovani e ai sampdoriani, al fianco del compianto Gianluca Vialli. A Wembley abbracciato al suo ex gemello, nello stesso stadio che aveva visto la Samp d'oro battuta in finale di Coppa Campioni dal Barcellona nel '92.
Del resto, il primo a sognare la grande svolta per la Samp attuale era stato proprio Vialli: l'ex gemello andò vicinissimo ad acquisire il club nel 2019 ma qualcuno gli negò il sogno. Il presente è complicato, il futuro è solo un ipotesi. Se è sbagliato vivere di ricordi, è probabilmente sbagliato anche vivere di sogni. E però quelle parole di Mancini fanno bene al mondo Samp. Perché il sentimento è sempre quello. Non cambia col tempo. Perché la lezione di Paolo Mantovani - a 33 anni dalla sua scomparsa - è sempre valida.
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