GENOVA – Se il centrosinistra potesse scegliere il candidato avversario alle elezioni regionali di certo non proporrebbe il nome di Pietro Piciocchi: il vicesindaco di Genova, infatti, è l'uomo più temuto dal campo largo.
“Piciocchi porterebbe il 'buccismo' in Regione”, commentava l'altro giorno un'autorevole esponente Dem, consapevole che se il prestigio di Giovanni Toti esce intaccato dall'inchiesta giudiziaria che lo ha costretto alle dimissioni, Marco Bucci (e con lui il suo fedelissimo) rappresenta tutto il buono del centrodestra nostrano.
L'avvocato, 47 anni, sei figli e una reputazione di lavoratore indefesso, sosterrebbe volentieri il peso di una candidatura e non sarebbe spaventato di accettarla nel momento più difficile che si possa immaginare. A Primocanale, qualche giorno fa, ribadiva di essere pronto, di non voler certo alzare un muro di fronte a una chiamata simile ma di non avere ancora ricevuto nessuna proposta ufficiale.
Il perché dell'attesa è presto detto, sul tavolo della maggioranza che negli ultimi 9 anni ha guidato la Liguria i nomi di peso non mancano e tutti, a modo loro, possono essere la scelta giusta. Prima di sciogliere la riserva, dunque, il centrodestra deve stabilire l'identikit del suo nuovo portabandiera.
Edoardo Rixi, anche se dalla Lega c'è un completo rifiuto di parlarne, resta il sogno di tutta la coalizione: è conosciutissimo (che in una campagna elettorale non guasta, anzi), ha una solida esperienza in quasi tutti i ruoli della politica genovese e romana, ha rapporti stretti e personali con tutti i membri del Governo di cui fa parte. Insomma, è perfetto.
Il problema è che Rixi già ricopre un ruolo di altissimo profilo, viceministro alle Infrastrutture, che è peraltro importantissimo anche per la stessa Liguria. Secondo una certa logica sarebbe meglio che Rixi restasse a Roma e diventasse il punto di riferimento, per le grandi opere, della politica locale. Vi è poi un secondo motivo che lascia perplessa la politica nazionale: se Rixi dovesse perdere le elezioni il centrosinistra potrebbe utilizzare questo risultato anche in chiave nazionale, addebitando al Governo un risultato negativo.
Seguendo questo ragionamento, allora, la soluzione meno pericolosa potrebbe essere quella di candidare alla presidenza un fedelissimo di Toti: in questo ambito i nomi più prestigiosi sono quelli di Ilaria Cavo (oggi in parlamento con Noi Moderati e prima assessore molto stimato in Liguria), Giacomo Giampedrone (che nei drammatici giorni della detenzione domiciliare di Toti si era eretto a baluardo del 'totismo') e Marco Scajola.
Oltre a essere tre persone molto competenti e note nel nostro territorio, Cavo, Giampedrone e Scajola rappresenterebbero la continuità con la gestione civica impostata da Giovanni Toti e un'eventuale sconfitta sarebbe assorbita senza particolari contraccolpi da Fratelli d'Italia, Lega e Forza Italia.
Meno probabili, anche se sul tavolo i loro nomi ci sono, le candidature politiche di Alessandro e Alessio Piana (proposte dalla Lega) e Carlo Bagnasco (idea di Tajani, Forza Italia). Sono nomi validissimi, ci mancherebbe, ma sono stati lanciati più per marcare il territorio che non con prospettive di vederli davvero candidati.
In questo turbinio il nome di Piciocchi viene pesato con attenzione: ha il vantaggio di essere ben considerato, di avere lavorato moltissimo, di conoscere la macchina pubblica come le sue tasche. Per contro è meno noto a livello regionale (anche se è soprattutto Genova, numeri alla mano, la chiave per vincere le elezioni), meno abituato ai comizi e agli slogan e, particolare non secondario, ha in mano le partite più delicate dal punto di vista economico (si pensi al Pnrr) di Palazzo Tursi. Un suo disimpegno qualche problema a Bucci, è inevitabile, lo creerebbe. Ma il Sindaco, almeno pubblicamente, non ha mai messo i bastoni fra le ruote del suo uomo più fidato. E, anzi, potrebbe con lui costruire una sorta di ticket da campagna elettorale che è la cosa certamente più temuta dai loro avversari.
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