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A Savona Marco Russo ha costruito la sua candidatura con anticipo, esattamente il contrario di quello che sta succedendo a Genova
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Dietro l’elezione di Marco Russo a sindaco di Savona, una sorpresa non per il successo ma per la sua misura, ci sono molti segnali da cogliere in un mondo dove stentiamo a trovare la cosiddetta “buona “politica”. Senza voler subito essere suoi tifosi e ricordando che deve ancora dimostrare tutto nell’amministrazione della sua città, non si può non ricordare da dove viene questo cinquantenne avvocato dai modi tranquilli e nello stesso tempo dalle idee programmatiche apparentemente così chiare e decise.

E’ il figlio di Nanni Russo, senatore della Repubblica per due volte e anche vicesindaco e nipote di Carlo Russo, una delle figure più importanti nella storia Repubblicana di Savona, della Liguria e in Italia, più volte ministro, che aveva concluso la sua carriera con un importante ruolo nella Corte di Giustizia Europea. I fratelli Russo venivano dall’impegno cattolico in politica, Carlo esponente di spicco della Democrazia Cristiana, Nanni Cristiano Sociale, poi Ulivo. Insomma si parla di una famiglia radicata nella politica con una tradizione forte di impegno sociale e di ruoli di grande responsabilità. Quindi il primo segnale è quello di un seme che non si è disperso, ma anzi ha continuato a dare i suoi frutti.

Il secondo segnale è nell’anticipo con il quale Marco Russo ha costruito la sua candidatura
, preparandosi alle elezioni di questo ottobre 2021 per tempo, non tanto nella esibizione delle sue intenzioni, ma nel lavoro programmatorio, nello studio dei temi, nella costruzione di un rapporto con la città, condiviso minuziosamente, pezzo per pezzo, quasi strada per strada.

Esattamente il contrario di quello che sta succedendo a Genova, dove il centro sinistra sta preparandosi a affrontare la prossima battaglia elettorale senza aver ancora risolto uno solo dei problemi sul tappeto. Non hanno un candidato ed è incominciato già l’ abbastanza ridicolo valzer dei nomi tra candidati suggeriti, autocandidati, pretendenti, personaggi coinvolti loro malgrado tanto per fare scena, senza che sia stato ancora deciso neppure il metodo della designazione. Primarie o investitura diretta del prescelto? Russo a Savona è partito del programma condiviso.

Lo stesso dicono di voler fare, per esempio, i giovani del Pd genovese. Ma sono già in grave ritardo e lo si vede dal fatto che un programma non c’è, neppure davanti alla raffica continua di novità, tutte da decifrare, che la giunta di Marco Bucci annuncia giorno per giorno, dal tunnel subportuale dei sogni, alla Sopraelevata da abbattere, a Begato che viene spianato, a quello che succederà al posto della Miralanza in Valpolcevera, alla Gronda che chissà quando la vedremo davvero, dopo gli ultimi annunci del ministro Giovannini, e come sarà.

Quelli, invece, sono lì a aspettare di capire se saranno o no alleati con il Movimento Cinque Stelle, dalle cinque e più teste e con i suoi transfughi: la testa di Conte, quella di Di Maio, quella di Di Battista e, arrivando a casa nostra, quella di Pirondini, o quella, tra desaparecidos e dissidenti, di Crucioli, di Cassimatis, di Putti o di Salvatore.

Il terzo segnale che lancia Russo riguarda l’annunciata rivalutazione del Consiglio Comunale, che vuol dire scelta di candidati ben studiata, proporzionata al programma, costruita in un disegno chiaro della città. A Savona l’hanno fatto. A Genova quando incominciano a pensarci e ritengono che questo sia un passaggio importante?

Insomma, se la democrazia rappresentativa in crisi come è deve incominciare ad essere riformata, a Savona qualche passo l’hanno fatto, sfruttando la buona tradizione e ragionando sugli uomini da scegliere non solo per il ruolo di vertice. E a Genova?