cronaca

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La tragica morte sul monopattino di quella giovane mamma che aveva appena portato la sua bambina a scuola nel fatidico incrocio tra via Monticelli, Corso sardegna e corso De Stefanis è stato un vero strazio. Non si può perdere la vita a 34 anni in quel modo, senza difese, nel cuore di una città moderna. Non si può morire perché il monopttino è diventato un mezzo di trasporto insieme agli altri di questi tempi difficili nei quali si vuole anche sfuggire alla folla dei mezzi pubblici.


La città oramai è piena di biciclette, di ragazzi che corrono a consegnare con i loro portapacchi carichi di merce delivery, in un traffico già record di due ruote, la metropoli (possiamo chiamarla così) con la maggiore percentuale di mezzi di questo tipo in  Italia, in Europa. Ora ci sono anche i monopattini, incentiventati dai bonus, rispondenti all’ansia di libertà e di spostamento deei più giovani, ma non solo, spinti dalle costrizioni dei confinamenti, da un desiderio di libertà troppo costretta. E ci sono i runners sempre più numerosi che corrono a piedi, anch’essi moltiplicati dalla voglia di libertà, di esercizio di fisico, ai bordi della strada piena di traffico, nelle piste ciclabili tracciate su percorsi per forza forzati di una città saliscendi.

Piango per quella ragazza che correva in ufficio, penso alla sua banbina che avrà salutato con un bacio sulla porta della scuola e che non vedrà più la sua mamma. E ricordo le tante altre vittime di questi anni: la figia di un mio caro amico, madre di tre figli, uccida a un semaforo da un autista Amt che l’aveva agganciata quando il semaforo era diventato verde e il figlio di un altro mio amico, vittima della sua corsa accelerata finita contro un Suv.

E ancora quella splendida ragazza giovane che mentre correva nella sua pausa serale sul limitare della careggiata agganciata da un ‘auto il cui guidatore si era chinato un attimo dal volante, trascinata e uccusa nel fiore dei suoi anni.

Episodi si potrà sostenere, sventure di un traffico che è inesorabile e immodificabile, conseguenze di tanti mezzi di trasporto che si mescolano in una città difficile nella quale non avremmo mai immaginato di vedere tanti veicoli diversi e in più tanti corridoi.

E’ questa una città sostenibile per sopportare modificazione
così impattante? Me lo chiedo oggi, dopo la tragedia del monopattino, anche di fronte ai buoni propositi del nuovo governo che si struttura per migliorare l’ambiente, che inventa nuovi ministeri di transizione. Ci sarà una transizione per la sicurezza stradale, per garantire tutti, fgarantendo ogni forma di trasporto nello spostamento tra piste ciclabile, spazi nuovi, percorsi inventati nelle tradizionali forme di scorrimento. Vedo sempre più biciclette che corrono contro mano, iù ragazzi ma anche anziani che corrono o arrancano sfiorando le automobili e i camion.

E mi faccio il segno della croce.