cronaca

Nasce tutto da quella manutenzione che non è stata fatta e che ha fatto crollare Ponte Morandi
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Prima di tutto viene il dolore per la tragica morte di Paolo Scerni contro quel Tir contromano in autostrada. Viene lo strazio per una giovane vita nel suo pieno stroncata così ingiustamente e violentemente. Si prova un grande dolore per la sua famiglia, per suo padre Gianni, uno dei protagonisti della nostra città, un uomo che ha segnato il nostro tempo con le sue iniziative, con le sue battaglie, vinte o perse, ma sempre combattute da uomo vero, un uomo provato da grandi tragedie, delle quali questa è solo l’ultima.

Come non ricordare i suoi due fratelli, morti giovanissimi in incidenti stradali, la sua bimba di due anni inesorabilmente stroncata da un male incurabile, poi Savina, sua moglie che se ne è andata due anni fa rapidamente, anche lei portata via dalla malattia che non perdona e che era una grande donna, non certo solo la moglie di un leader, ma una protagonista della vita culturale e sociale. Prima di tutto viene questo e non si può che tacere e stare vicino con l’amicizia, con la preghiera a questo nuovo grande dolore.

Ma poi viene la storia di questa morte ingiusta, il perché di un incidente che è l’ennesimo sulle nostre autostrade, come è già stato raccontato anche qui, in questo spazio di informazione, insieme alle denunce continue di Primocanale per una situazione di totale emergenza e pericolo che viviamo oramai da anni e anni. Paolo Scerni è un’altra croce in questo terribile percorso: un Tir che imbocca a rovescio l’autostrada e che veniva da ore di coda per un precedente incidente, un autista sicuramente stravolto in questa gimkana allucinante che è diventata la rete autostradale in Liguria e nelle aree limitrofe.

Abbiamo pianto e continuiamo a piangere i 43 morti del Morandi, lasciato cadere da un’incuria colpevole per la quale le Autostrade, la società concessionaria, dovrà pagare fino in fondo, come ci auguriamo e come la Giustizia con la maiuscola vuole.

Ma non finisce lì. Mi sento di dire senza forzare che questi altri morti, questi incidenti pagati con la vita, come quello di Paolo Scerni, ma anche come gli altri, quella ragazza tra Celle e Varazze nella corsia unica invasa da un altro Tir, quel giovane di Cuneo, che è andato a schiantarsi nella coda di Tir fermi per chilometri a causa dei cantieri, dei lavori, queste altre vittime, insomma, si aggiungono allo stesso dolente elenco.

Nasce tutto da quella manutenzione che non è stata fatta o fatta al risparmio per accaparrarsi più dividendi, come svelano le sconvolgenti intercettazioni del processo Morandi.


Nasce dalla tragedia del 14 agosto 2018, ore 11.36, dal processo che ne è nato, dalla rincorsa a tappare i buchi dei concessionari, dalle gallerie cadute sul traffico sulla A 26, dai ponti caduti per frana sulla A 6, dai cantieri a pioggia di cui sono disseminate le nostre vie di comunicazione, da un anno e per altri cinque, ci dicono le previsioni catastrofiche del nostro futuro di liguri isolati, maltrattati, dimenticati, malgrado le denunce, i rapporti, le invocazioni a farci uscire da un assedio soffocante per la nostra economia, per il nostro turismo, per il nostro vivere civile. Piangiamo quei morti, 43 più gli altri, come Paolo Scerni, che si sommano a quell’elenco scolpito nella nostra storia. Urliamo per la ingiustizia della condizione in cui la Liguria e la sua rete autostradale sono state lasciate. E non ci stancheremo di urlare.