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"Con Biden l'Italia dovrà essere più filo americana"
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La crisi Covid vista da tre punti di osservazione, Italia, Stati Uniti e Cina: chi ha reagito con maggiore prontezza?
“Sono in campo modelli e mentalità diverse”, spiega Fabrizio Parodi, presidente di Interglobo, presente su tutti i principali scenari mondiali, appassionato di geopolitica, profondo conoscitore del mondo americano e intimo amico di uno dei più celebri giornalisti corrispondenti dagli Usa, Federico Rampini.

Negli Stati Uniti la Federal Reserve è una banca centrale che non è interessata solamente alla stabilità monetaria, come la Bce, ma si occupa seriamente della tenuta del sistema economico statunitense: la Fed ha stampato tre trilioni di dollari da mettere in circolazione e, a differenza di quanto accadde nel 2008 quando i contributi servirono a salvare il sistema bancario colpito dalla ‘crisi dei subprime’, il denaro è andato a supporto dell’economia reale. Donald Trump ha affrontato la crisi con la cosiddetta ‘helicopter money’, denaro reso immediatamente disponibile sui conti di lavoratori e aziende colpiti dalla crisi: la mia stessa società ha beneficiato degli aiuti, in quindici giorni sono arrivate, a fondo perduto, due mensilità e mezzo da destinare ai lavoratori, a patto di salvaguardare il livello occupazionale pre covid”.

Eppure questa prontezza non ha evitato a Donald Trump una cocente sconfitta alle presidenziali: “Biden ha vinto con 78 milioni di elettori contro i 73 di Trump. Negli ultimi quattro anni sono state messe a nudo questioni di grande importanza: la presidenza del tycoon americano è stata caratterizzata da argomenti di cui in precedenza si era parlato molto poco come, ad esempio, la concorrenza sleale dei grandi gruppi internazionali. Trump ha affrontato la questione favorendo il rientro negli Usa delle multinazionali che pagavano le tasse altrove, anche attraverso la leva del condono fiscale. Altro tema centrale dell’ultima amministrazione è stato quello delle regole del commercio internazionale: Trump si è concentrato sullo scontro con la Cina, introducendo dazi sulle importazioni. A questo proposito – prosegue Parodi – segnalo che Pechino ha affrontato i dazi e il Covid eppure, da luglio di quest’anno, ha messo a segno un record dopo l’altro proprio nelle esportazioni verso gli Stati Uniti. E’ chiaro che la reazione cinese, a differenza di quella messa in campo nel blocco occidentale, sconta la mentalità di quel popolo e le possibilità di intervento del governo, anche nella limitazione delle libertà personali”.

Tornando agli Usa, l’entusiasmo europeo per l’elezione di Joe Biden, potrebbe essere quantomeno prematuro: “Il nuovo presidente avrà probabilmente il senato a maggioranza repubblicana e dovrà fare i conti con l’opposizione della sua sinistra interna, spesso più vicina a Trump in molti campi, non è uno scenario facile. Di sicuro Biden dovrebbe mostrare, rispetto a Trump, un maggiore spirito atlantista, questo per l’Italia potrebbe essere un vantaggio, sempre che il nostro atteggiamento sia di conseguenza maggiormente filo americano”.

Su questo l’Italia parte da una posizione diplomatica svantaggiata, visti gli accordi firmati sulla Via della Seta: “Siamo gli unici in Europa ad avere firmato quell’agreement – sostiene Parodi – la scelta si commenta da sola”.

In questo complicato quadro internazionale l’Europa è la grande assente: “Le riforme devono partire dall’Unione e, a cascata, generare un effetto positivo sugli Stati membri, Italia compresa. La Banca Centrale Europea, per esempio, è un organismo privo dei poteri che dovrebbe avere, ha le mani davvero troppo legate: negli Usa il denaro l’abbiamo preso in due settimane, qui sono otto mesi che si parla di fondi da assegnare ai vari Paesi per fronteggiare la crisi economica ma ancora non si è visto un Euro”.

Per fortuna la logistica, nonostante la difficoltà generale, non ha mai smesso di operare e Interglobo è addirittura riuscita a espandersi: “Noi non abbiamo fatto ricorso alla cassa integrazione e siamo persino riusciti ad assumere sei giovani nuove risorse, è molto importante per noi. A Genova, poi, abbiamo acquisito la società Lpl, attiva nel project cargo e l’abbiamo trasformata in Interglobo Project per sviluppare in modo sempre più ampio e professionale il settore dei trasporti eccezionali”.

Genova, in questo quadro, è uno degli anelli colpiti dalla crisi: “Genova ha bisogno di soldi. Lavoro da 35 anni e fin dal primo giorno sento sempre gli stessi discorsi: noi le idee le abbiamo, i progetti ci sono, sappiamo con chiarezza dove vogliamo andare. Servono i fondi per trasformare quei progetti nella realtà del futuro”.