Anche Francesco Bocciardo, due volte campione paralimpico di nuoto (la prima a Rio nei 400, la seconda a Tokyo nei 200 stile libero), con quella faccia un po' così e quell'espressione un po' così incarna alla perfezione l'animo di noi genovesi e dei liguri in generale, che sanno compiere imprese memorabili ma le esibiscono con pudore.Quelli come lui conquistano trofei, non bottini. Quelli come lui fanno tutto in silenzio e poi sorridono, liberano la loro gioia e la condividono con chi ha creduto sempre nelle possibilità dell'impresa. Quelli come lui non rincorrono la fama e la popolarità sui social, ma inseguono un traguardo, ovvero dare il massimo di se stessi. La qual cosa non sempre basta a vincere, ma è come averlo fatto. Ogni volta.
Francesco soffre di diplegia spastica, nota anche come sindrome di Little, dalla nascita. Si avvicinò al nuoto come terapia, ora lo sport è diventato la sua vita e la sua professione. Laddove la parola professione non coincide con i lautissimi guadagni riservati ai normodotati ma significa sacrifici continui ed allenamenti intensi. Tant'è che Bocciardo lavora come funzionario in Regione, occupandosi proprio di sport: un modo per aiutare gli altri dall'altra parte della barricata.
Francesco Bocciardo oggi è uno dei migliori ambasciatori di Genova, della Liguria e dello spirito degli abitanti di questa terra, stretta tra le colline e il mare, tra limiti ed orizzonti, tra nostalgie di un passato glorioso ed incertezze di un futuro tutto da scrivere. Bocciardo è un giovane - ce ne sono tanti come lui, normo o diversamente dotati non conta - che con il suo modo di fare, la sua sobria caparbietà, il suo quotidiano coraggio non si perde in slogan di appartenenza, parole vuote o slanci di notorietà effimera come le storie Instagram ma ci indica con testardaggine una strada: quella dell'operosità. Dopo averlo meritatamente applaudito, proviamo a trovare la forza per percorrerla insieme a lui verso un domani degno della nostra storia.
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