cronaca

Il commento
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Da qualche tempo c’è chi, considerandomi con eccessiva benevolenza un giornalista ancora in servizio attivo, quindi portatore di informazioni particolari o retroscena, mi rivolge una domanda all’apparenza banale. Eccola. “Il sindaco Bucci sarà rieletto nel 2022?”. Non ho difficoltà a rispondere: se le cose non cambiano, sì. Sarà rieletto sindaco di Genova, probabilmente con un ampio consenso. Marco Bucci ha saputo conquistare la fiducia di molti genovesi. La sua gestione manageriale della tragica vicenda del crollo del Morandi, soprattutto nei giorni e mesi successivi alla catastrofe, è stata perfetta. Bucci è stato un esemplare “commissario”. La ricostruzione del nuovo ponte in tempi record anche sostenuta fermamente dai governi di Giuseppe Conte e dal presidente ligure Toti, ha fatto molto, moltissimo. Dunque piena promozione per il sindaco in carica.



Ma nessuno si è mai chiesto se Bucci sia e sia stato anche un buon sindaco. L’ immane tragedia del Morandi ha coperto nel vortice delle macerie,  il resto. Cioè il governo del quotidiano, la vita “normale” della città, fatta di lavoro, trasporti efficienti, scuole funzionanti, imprese e negozi, ospedali, occupazione, assistenza. E manutenzione ordinaria. E’ piombato sui genovesi il virus e è stata un’altra impensabile ondata di emergenze.
Insomma, forse non siamo in grado di capire come sia il Bucci “normale”. Quello delle buche per strada o della spazzatura sui marciapiedi. 
Dobbiamo rilevare alcuni nodi irrisolti: il trasporto pubblico vive con alcune grandi incognite. Pensiamo per esempio, all’irrisolta questione della viabilità in Val Bisagno. Il metrò è un oggetto dimenticato.

 
La città è dominio del traffico e le necessarie pedonalizzazioni latitano.
Il centro storico con la pandemia ha subito un colpo mortale, ma già da prima non godeva di una grande salute, tanto da far evocare, di tanto in tanto, richiami a controlli polizieschi eccezionali. Per non parlare delle periferie che sono sempre di più “periferiche”, staccate dal cuore della città, deboli nei servizi essenziali. Penso, per esempio, alla salute.

 
Infine un dato che segna il futuro di Genova: la fuga dei giovani. Dramma che si lega a tutto il resto ma soprattutto attende una risposta: che cosa offre Genova ai suoi giovani? E non solo in termini di stantia “movida”.
Direte, giustamente: ma un sindaco non può occuparsi di tutti questi problemi, che sono conseguenze spesso di scelte nazionali.
Sì e no. Un sindaco deve avere una sua idea di città e in apertura di campagna elettorale deve illustrare ai suoi concittadini che città vorrebbe.
Quelli della mia età ricorderanno le “visioni” urbanistiche della sinistra alla metà degli anni Settanta, quando prese il potere a Palazzo Tursi. Il concetto di “città policentrica”, dove ogni circoscrizione/quartiere aveva una sua autonoma dignità: piazza, cultura, sanità, lavoro. Furono fatti anche molti errori, uno per tutti la realizzazione di quartieri-dormitorio in collina che, nelle intenzioni, avrebbero dovuto avere case con le finestre grandi dalle quali si poteva vedere il mare. Il “vedere il mare” era allora considerata una prerogativa da alto-borghesi. Quindi vistamare per tutti. Dal Cep di Prà o dalla Diga di Begato. Non solo a Carignano a Albaro o a Castelletto.

 
Quale è l’idea di città che si identifica con Marco Bucci? La percepisco a frammenti, qua e là. Ottimo il waterfront di Levante, ma a Cornigliano? Sacrosanto l’abbattimento della Diga, ma a Certosa a qualche centinaio di metri dal nuovo ponte?
E poi, a Genova come ci arriveremo? Paracadutati da uno Zeppelin? O sbarcheremo dalle caravelle rimesse in funzione?
Sento parlare del nuovo ospedale di Ponente da quando preparavo l’esame da giornalista professionista. Sì o no? Erzelli o privati? E il vecchio museo-corsia del Galliera che fine farà?
Non rispondetemi che la sanità tocca alla Regione! Il sindaco deve fare sentire la sua voce di primo genovese. E Bucci ha dalla sua un caratterino tutt’altro che docile….La sua voce la fa sentire quando vuole, anche a distanza!
Quello che, secondo me s’intende,  manca a Bucci, e tutte le volte che lo scrivo si innervosisce, si lamenta con chi sa che mi riferirà la sua contrarietà,  è un’ impronta politica. Non si arrabbi, caro sindaco, che mi è anche simpatico! Ma lei deve dirci da che parte sta, con chi. Draghi o Salvini? Letta o Calenda? Meloni o Berlusconi? Cioè quali idee di futuro sposa e intende tradurre localmente. La storia stucchevole del sindaco apolitico e apartitico mi fa innervosire quanto a lei fanno venire l’itterizia le critiche dei giornalisti che di mestiere, caro sindaco, devono osservare e se serve criticare. E i Politici e sottolineo Politici (premier, ministri, governatori, sindaci, assessori) devono rispondere e spiegare a chi non capisce come me e convincere. Senza offendersi. Ascoltando e rispondendo serenamente.  Lo chieda  ai suoi consiglieri comunicatori.

 
Ogni scelta che un sindaco fa deve essere, è, sarà, una scelta sempre politica: se apre un ospedale a Erzelli e un supermercato a Albaro, se pedonalizza una strada e fa un silos per auto sotto una piazza. E’ politica di centro, destra o sinistra (e non c’è niente di male a esserlo) non solo intitolare una strada a un partigiano comunista o a un prete , ma anche dare un giudizio sulla scelta di una categoria essenziale per la città, come quella che riunisce gli imprenditori o “politicamente” decidere o meno di stare al fianco di chi ha visto morire un suo famigliare, figlio, padre, fratello, marito, giù da un ponte marcito dall’indifferenza.

 
Non credo proprio che Marco Bucci, per nostra fortuna sindaco nell’epoca della grande tragedia autostradale, non sia un “politico”. Dunque aspetto la sua idea politica di città che preferisco alla “vision”. E su questa discuteranno esperti e cittadini, di sinistra o di destra. Insomma quelli che poi dovranno andare a votare alle amministrative. E voteranno non le nuvole, ma il simbolo di un partito politico. Piaccia o non piaccia.
Dunque Bucci sarà rieletto? La risposta sarà più semplice e chiara quando ci spiegherà anche la sua “politica”. E quando la ex sinistra, da tempo sotto anestesia, si sveglierà, avendo capito che la noiosa e sonnolenta formuletta del “prima il programma e poi i nomi” non aiuta. Il nome del candidato e dei suoi avversari è tutto o quasi in una campagna elettorale. E’ il candidato con nome, cognome e idee che vince o perde e che dovrà gestire il programma. Non viceversa.