Arriva come un ciclone, insulta i giornalisti che subito gli chiedono un'intervista (“che non rompano i c...”) ma poi molto educatamente si scusa. In realtà aveva ragione lui perché prima di esprimere un giudizio che non fosse generico (“su Artemisia ho scritto centinaia di saggi”) ha giustamente voluto vedere la mostra. Vittorio Sgarbi è stato la guest star della presentazione di 'Artemisia Gentileschi. Coraggio e passione' che Palazzo Ducale ospita fino al primo aprile 2024: un ritratto fedele della complessa personalità di un'artista considerata oggi un'icona femminista per la sua vita appassionante e tragica (fu vittima di uno stupro da parte di un amico del padre, Agostino Tassi, che poi denunciò), la ricerca di indipendenza e ovviamente le eroine dei suoi quadri che l'hanno imposta nelle principali corti europee.
“Sono venuto da Roma – dice alla fine della visita - per capire quale fosse il taglio che gli ha dato il curatore Costantino D'Orazio, storico dell'arte che si può considerare un mio seguace nella divulgazione della bellezza. Ricordo che quando un po' di tempo fa mi venne a trovare confessandomi il desiderio di fare la mostra io gli esposi i miei dubbi legati al fatto che su Artemisia Gentileschi negli ultimi tre anni erano state organizzate parecchie esposizioni, come quella di Palazzo Braschi a Roma e un'altra a Milano. Mi chiedevo cosa potesse venire fuori di nuovo ed è il motivo per cui all'inizio sono stato sgarbato: prima di parlare volevo vedere".
"La sorpresa è che qui ci sono molti dipinti inediti o sconosciuti e il taglio è legato fortemente alla questione femminile, cioè alle protagoniste di questi dipinti che in qualche modo rappresentano la vendetta di Artemisia contro il maschio, che è la ragione della sua notorietà e della sua grandezza. Per me non una pittrice ma un pittore-donna che nei suoi quadri esprime la rabbia per la violenza patita. Quindi c'è una storia che viene fuori molto bene".
"Poi la cosa più importante per Genova è l'intarsio con i dipinti genovesi. Questo non potevo saperlo perché non potevo pensare di vedere Gioacchino Assereto, Orazio De Ferrari, Domenico Fiasella e uno Strozzi meraviglioso, tutti connessi con lei nel nome di Caravaggio”.
Per Sgarbi dunque una mostra assolutamente originale al di là delle tante organizzate in tempi recenti, quando è scoppiato il 'caso Artemisia' non solo come grande pittore del Seicento ma come qualcosa che coinvolgeva il mondo del femminismo fin da quando è nato il suo mito.
“Qui – continua - si racconta una storia contemporanea, non qualcosa specificamente legato al suo tempo. Tanto che compare, cosa mai avvenuta finora in tutte le altre mostre, Agostino Tassi, il maschio criminale che andava estromesso, benché gran pittore".
Finora si riteneva non fosse degno di stare al fianco di Artemisia mentre qui Costantino D'Orazio ha esposto tre suoi quadri, nonostante uno dei quali mi sembri abbastanza fragile. Tassi è un pittore importante, certamente è stato violento, con Artemisia ha pagato non abbastanza ma non può pagare per l'eternità”.
Un'altra grande novità per Sgarbi sta dunque nel “vedere sia Artemisia che il suo stupratore, cosa che rappresenta da ogni punto di vista un allargamento rispetto alle esposizioni precedenti. E sottolineo ancora la connessione importante con Genova che ha il più bel palazzo espositivo d'Italia: la pittura genovese è importante ma rispetto a quella napoletana o romana è meno collegata al presupposto caravaggesco che è ciò da cui parte Artemisia, quindi da ogni punto di vista è una mostra che ha significato fare a Genova perché mette insieme quello che rappresenta dal punto di vista psicologico e storico la pittrice ma anche il contesto culturale che offre Genova, da Rubens a Caravaggio perché – che sia passato di qui o no - il movimento caravaggesco a Genova ha una sua sede importante e questa mostra lo conferma.
Voglio infine sottolineare come quello di Artemisia Gentileschi rappresenti il primo caso in cui una donna assume un ruolo che è antagonista rispetto all'uomo che l'ha violentata per riuscire a sconfiggerlo, cosa che è perfettamente riuscita perché Artemisia è Artemisia mentre Agostino Tassi, il violentatore, lo conoscono in pochi".
"In altre parole, attraverso la pittura ha vinto la sua battaglia umana. La bellezza della storia sta tutta qui, l'intreccio fra una vicenda tragica e la capacità della pittura di riscattare anche dalla tragedia.”
IL COMMENTO
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