Il 3 gennaio 1929 nasceva a Roma Sergio Leone, uno dei più importanti e influenti registi della storia del cinema, e non solo di quello italiano, celebre soprattutto per quelli che negli Stati Uniti vennero battezzati come 'spaghetti western': lungometraggi girati in italiano, con budget ridotti e povertà di mezzi, che ottennero però un grande successo di critica e di pubblico. Leone non solo contribuì alla rinascita di questo genere con la cosiddetta 'trilogia del dollaro' ('Per un pugno di dollari', 'Per qualche dollaro in più' e 'Il buono, il brutto e il cattivo') ma con 'C'era una volta in America'ha anche rinnovato profondamente la grammatica dei gangster movie.
Nonostante abbia diretto solo sette film in 23 anni (1961-1984) la sua regia ha fatto scuola e come ha scritto qualcuno "è stato il costruttore di una mitologia di immagini" con storie fatte di primissimi piani e campi lunghissimi, pochi dialoghi e l'apporto fondamentale delle colonne sonore di Ennio Morricone, amico fin dalle elementari, che contribuì in maniera fondamentale ad una filmografia che in buona parte rappresenta una formidabile sintesi dell'epopea western.
Ma di Leone ho scelto una scena molto intima, a dimostrazione di come fosse un grande regista anche al di fuori dei classici canoni delle storie che raccontava. E' in 'C'era una volta in America', 1984, il suo ultimo film (morirà il 30 aprile 1989). Un opera-monstre la cui lavorazione durò un anno tanto che la leggenda vuole che Robert De Niro, il protagonista principale, avesse fatto coniare una serie di medagliette per tutta la troupe con scritto: "Complimenti, siete sopravvissuti alla lavorazione di C'era una volta in America”.
Racconta l'ascesa del crimine organizzato negli Stati Uniti nel corso di quattro decenni attraverso le vicende personali e professionali di un gruppo di gangster ma quello che mi premeva mostrare è il momento in cui - all'interno di una storia d'amore che durerà anni anche se poi si concluderà in maniera drammatica - la giovane Deborah (una allora sconosciuta Jennifer Connelly che all'epoca aveva tredici anni) recita all'innamorato Noodles (da grande interpretato da De Niro) - parafrasandolo - un passo fra i più belli della Bibbia: il Canto dei Cantici.
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IL COMMENTO
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