
"Sono incazzato nero". Inizia così la conferenza stampa di José Nivoi, portuale e delegato del Calp, rientrato a Genova nelle scorse ore dopo aver partecipato alla missione umanitaria della Global Sumud Flotilla, diretta a Gaza per consegnare beni di prima necessità.
Un attacco sotto il suono degli Abba
Il racconto di Nivoi, carico di rabbia e di emozione, parte da una canzone, quella degli Abba, suonata per circa un’ora, con il ritornello 'Sos', "proprio per evitare di sentire il lancio dell’sos sulle nostre imbarcazioni - spiega - Poi, i droni hanno sorvolato e attaccato le imbarcazioni: la prima vera prova di resistenza per gli attivisti, che sono poi stati trasferiti in carcere.
La solidarietà di milioni in venti giorni
"Sono stati momenti complicati, ma abbiamo sentito subito la mobilitazione di milioni di persone, che si sono attivate in venti giorni", spiega Nivoi. "Quelli dell’esercito sono atteggiamenti da psicopatici. Noi abbiamo vissuto solo un decimo di ciò che i palestinesi subiscono da decenni".
Condizioni disumane e un appello alla mobilitazione
La definisce una "condizione disumana vissuta anche dalle donne, dalle ragazze che avevano il ciclo e a cui non sono dati in dotazione gli assorbenti", ha aggiunto Nivoi. "Noi vogliamo che si rompa l’apartheid della Palestina, basta cazzeggio, ora dobbiamo mobilitarci. Per noi è un obbligo, lo chiedo a tutti” ha concluso José Nivoi. Alle sue parole si è scatenato l’applauso della platea presente, al grido di “free free Palestine".
Il racconto di Luca Viani: "Senza acqua per ore e ore"
Visibilmente commosso Luca Viani, esperto velista, racconta com’è nato il suo contatto con la Global Sumud Flotilla, che ha contattato tanti attivisti per partire in direzione Gaza. “Ci hanno ammanettati sul furgone, quello è stato il momento più duro: prima temperature caldissime e poi freddissime, senza bere acqua per ore e ore. Poi ci hanno fatto inginocchiare sul piazzale sotto il sole” racconta Viani. Ma a dare la forza agli attivisti genovesi ci ha pensato la mobilitazione che prendevano piede in Italia, protetti dagli avvocati che ci seguivano la situazione. “Io non mi sono quasi mai sentito in pericolo, una volta in prigione abbiamo capito che al limite saremmo stati un po’ più di tempo ma non ci sarebbe successo niente, questo però non vale per tutti i palestinesi”.
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IL COMMENTO
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