Cronaca

Era violento, i mie figli si sono solo difesa. Sbagliai anni fa a sposarlo
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GENOVA - "Ci rendeva la vita impossibile, era ossessivo e mi minacciava di morte più volte. Ha fatto di tutto tranne che il padre" sono le parole di Laura Di Santo, la madre di Alessio e Simone Scalamandré, i due fratelli che sono stati condannati per aver ucciso il padre, Pasquale Scalamandré, 62 anni, ex autista Amt in pensione, nell'agosto del 2020 in via Garrone, a San Biagio, zona della Valpolcevera.

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Ieri la Corte d'Assise di Genova ha condannato i due fratelli alla pena di 21 e 14 anni per l'omicidio del padre: "Una sentenza pesante ed assolutamente ingiusta. I miei figli comunque sia sono le vittime in questa vicenda, ma l'omicidio non era voluto, mio figlio voleva solo difendersi. Entrambi hanno sempre vissuto un clima di terrore dopo anni di percosse e minacce verso di me, anni in cui mostrava anche la pistola e ripeteva ai ragazzi: "Un giorno ucciderò vostra madre"

"Con Alessio e Simone non ha mai avuto un rapporto da padre, non ne era capace. Dopo anni del genere, Alessio deve aver perso la testa prima di aver fatto ciò che ha fatto, era arrivato ad un livello tale di sopraffazione e paura che ad un certo punto deve essere esploso. Simone invece non ha partecipato all'aggressione."

La donna spiega anche che i due figli si sono difesi: "Era stato mio marito a afferrare il mattarello per colpirli, Alessio l'ha disarmato, poi ha perso la testa...".

La donna alla domanda se lei pensa di avere commesso degli errori in questa tragedia è laconica: "Ho sbagliato a sposare quell'uomo, ma me ne ero innamorata da ragazzina e non ho avuto mai la forza di lasciarlo, come avrei dovuto al primo ceffone che mi diede, invece ho sempre ingoiato tutto per salvare la famiglia".

Laura poi racconta chi era suo marito fra le mure domestiche: "Da fuori sembrava il marito migliore, ma era solo apparenza, lui ci teneva a fare vedere che era brillante, sicuro, invece era fragile e geloso, ossessivo, ma guai a farlo trapelare".

I due fratelli ora vivono in casa della mamma, nella stessa abitazione di via Garrone del delitto: Alessio, assistito dall'avvocato Luca Rinaldi, ai domiciliari; Simone, invece, difeso dall'avvocato Nadia Calafato, è a piede libero.  La loro speranza è ora appesa all'appello.