Cronaca

Svolta in aula con quesiti mirati per capire se la corrosione della pila 9 è stata causata solo da fattori endogeni o è arrivata anche dall'esterno, e accertare inoltre cosa è stato fatto per intercettare il difetto che ha provocato la tragedia
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GENOVA- Il difetto della pila 9 crollata è stato causato da una corrosione endogena, interna, o hanno contribuito anche fattori esterni? Quel difetto si poteva intercettare? Cosa è stato fatto per individuarlo? E se fosse stato scoperto si poteva evitare il cedimento?

Sono in sintesi i quesiti su cui i giudici del processo per il crollo del ponte Morandi stamane hanno chiesto un'integrazione di perizia ai periti del tribunale.

Le risposte a questi quesiti, proposti in quattro domande, appaiono molto importanti e potrebbero fare capire la possibile sorte dei 58 imputati alla sbarra per la tragedia del 14 agosto 2018 costata la vita a 43 persone.

La comunicazione dei quesiti è avvenuta alla ripresa delle udienze dal presidente del collegio giudicante Paolo Lepri e sarà oggetto di discussione nell'udienza di domani quando avverrà la formalizzazione e la consegna delle domande ai periti del tribunale, gli ingegneri Valentini, Rosati e Losa, che hanno già svolto la perizie in sede di incidente probatorio.

Ecco il testo delle domande che i giudici vogliono porre ai periti.

"Tenuto conto delle risultanze dibattimentali, di tutta la documentazione agli atti, del diffuso sapere esperto in materia e svolti gli approfondimenti documentali reputati assolutamente indispensabili, riferiscano i periti sui seguenti aspetti:
1) Esiti ed attendibilità delle indagini svolte dal gestore per comprendere l'effettivo stato di ammaloramento dei cavi d'acciaio presenti all 'interno degli stralli di pila 9;
2) Considerato quanto sub l, doverosità, alla luce del diffuso sapere ingegneristico nei vari momenti storici e delle norme tecniche succedutesi nel tempo, delle "ispezioni visive dirette con scassi locali, anche con l'aiuto degli endoscopi", all'altezza dei tratti dei tiranti di pila 9 che si innestavano nella sommità dell'antenna, compreso quindi il tratto di tirante lato Genova mare che si innestava nella sommità dell'antenna, contrassegnato, a seguito del crollo, come reperto 132;
3) Tipologia, o tipologie, di attività da svolgere in funzione delle suddette ispezioni visive, modalità attraverso le quali tali attività avrebbero dovuto essere eseguite, esiti che esse avrebbero restituito e se tali esiti avrebbero dato conto di gravi anomalie dal punto di vista ingegneristico;
4) Se, considerata l'entità del fenomeno corrosivo in corrispondenza del sistema di difetti rinvenuto nel reperto 132, il fenomeno corrosivo medesimo possa essere dipeso in via esclusiva da fattori endogeni.

I quesiti posti dai giudici, fanno notare i difensori degli imputati, in parte hanno già trovato risposta negli esiti dell'incidente probatorio. La domanda nuova che potrebbe risultare molto importante ai fini della sentenza è se la corrosione accertata nel difetto di costruzione della pila 9 da dove è crollato il ponte è solo endogena, ossia interna, o invece è stata provocata anche da fattori esterni con infiltrazioni di acqua.

L'avvocato Massimo Ceresa Gastaldo che difende alcuni imputati a fine udienza ha presentato un'opposizione sulla decisione del tribunale di rigettare la sua richiesta di integrazione della perizia sull'approfondimento delle condizioni degli acciaio degli stralli, "dal nostro punto di vista tema molto rilevante non solo nel punto critico del distacco ma anche nelle altre parti".

Diverso l'intervento dell'avvocato Luca Sirotti, legale di Michele Donferri Mitelli, che ha chiesto ai giudici di non rivolgere i quesiti della perizia integrativa agli stessi periti che dell'incidente probatorio ma di nominare dei nuovi periti.