GENOVA - Kalifa ha ventisei anni e gli occhi di un bambino, e volte sembra anche ingenuo come un bambino, capace di raccontare con il sorriso la montagna di orrori che ha visto, e anche quelli, e sono i più numerosi, che ha rimosso, per dimenticare, come ammette consapevole, sempre con un sorriso.
Lui, nato in Gambia in una famiglia allargata con un papà, tre mamme e venti figli, un paese povero dove non c'era neppure l'anagrafe e la nascite venivano scritte a penna su un foglio dal capofamiglia, prima è stato affidato ad una scuola islamica della Mauritania, poi da un fratellastro invitato a imparare un lavoro in Libia, come facevano gli italiani quando andavano in Belgio, come tiene a precisare l'avvocato Antonella Cascione, che insieme alla comunità di Sant'Egidio, è stata sempre al fianco di Kalifa.
In Libia il lavoro l'ha trovato Kalifa, ma lì ha visto anche l'orrore, l'inferno come racconta sempre con un sorriso perché sa che niente potrà essere così brutto come quello che è stato, come quello ha visto lungo le strade di luoghi dove era arrivato quasi per caso e da dove è impossibile tornare indietro.
Lì i migranti con la pelle nera come la sua non valgono niente, sono merce, l'oro degli schiavisti, che giocano con le vite dei disperati e poi, quando non rendono più, le buttano via, su un barcone. O su gommoni guidati dagli stessi migranti.
Quello che conduce ai lager della Libia, fra l'indifferenza del mondo, è un viaggio a senso unico.
L'unica fuga possibile, l'unica speranza di sfuggire agli orrori, è il mare, andare verso l'ignoto.
A condurre il gommone era uno di noi, gliel'hanno insegnato i libici, ho visto che gli dicevano come accelerare, come si faceva, sì, andare in mare con una conducente non capace è molto pericoloso, ma ce l'ho fatta".
Kalifa allora non sapeva neppure che esistesse un paese di nome Italia. Poi racconta il suo drammatico viaggio in gommone: "E' stato il mio fratellastro che l'ha pagato, circa 300 in euro, a bordo eravamo 130 persone, strette, io ero sotto e non vedevo neppure il mare, c'erano nove donne e bambini. Abbiamo viaggiato due giorni. Paura di morire? Era peggio rimanere in Libia, avevo più paura di stare lì, c'erano tante salme, uccidono, uccidono, lì non c'è la libertà, non esiste la polizia, per strada puoi incontrare persone che ti chiedono di andare con loro perchè poi chiedono soldi ai tuoi familiari, sennò ti uccidono, ho visto tanti uccidere, ogni tanto vedevo delle salme...".
Poi Kalifa torna alla sua infanzia negata: "Io da bambino non avevo un sogno, in casa eravamo tanti, un padre, tre moglie, venti figli, ho diciannove fratelli, solo con alcuni ho contatti, io sono l'unico in Europa. Da bambino andavo in un collegio coranico, studiavo, pregavo, e dormivo, e basta, non ho mai giocato, adesso forse le cose stanno cambiando...".
Kalifa ricorda ancora il viaggio della speranza in mare: "Quando suo gommone abbiamo visto avvicinarsi una nave ho avuto una paura, avevo paura fossero libici, invece erano italiani. A Genova sono arrivato con un autobus che mi ha caricato in Sicilia, a Lampedusa, ad ogni tappa facevano scendere due o tre persone, quando ho visto per la prima volta Genova è stata dura, quando ci hanno portato nel Palasport. Mi ha aiutato molto la comunità Sant'Egidio. Poi sono andato al campus di Coronata e ho trovato un lavoro in una ditta di gas, adesso faccio il parquet, un bellissimo lavoro, mi piace. Ho una casa a Sestri Ponente, una moglie in Gambia. Me l'ha trovata mia mamma, ho provato a trovarne una compagna italiana, ma non ci sono riuscito. Io non voglio dare fastidio a nessuno, poi appena possibile farò venire qui mia moglie".
"Se a Genova c'è razzismo? Normale, qui sono un po' diffidenti, ma poi se ti comporti bene ti aiutano. Sì, faccio del volontariato con la comunità di Sant'Egidio, andiamo a portare i pacchi a chi ha bisogno o anche solo a tenere compagnia agli anziani che sono sempre soli. Una domenica al mese vado con Sant'Egidio a Ventimiglia a parlare con i migranti che vivono sotto un ponte nella speranza di raggiungere la Francia, voglio aiutare perché voglio sdebitarmi visto che io sono stato aiutato".
Nel centro storico ci sono tanti gambiani che spacciano droga, cosa ne pensi?
Ne penso molto male, li vedo, vorrei che tutti fossero felici come me, mi spiace per loro, alcuni li conosco perchè siamo stati in c
In Italia c'è un politico, Matteo Salvini, che non ama gli stranieri, se potessi dirgli due parole cosa gli diresti?
"E' difficile, gli direi di dare una mano anche agli stranieri e non pensare solo agli italiani, da una parte ha ragione, ma non bisogna dire no a tutti
La tua vita sta andando avanti bene, hai una casa, un lavoro e una moglie, come ti immagini fra dieci anni?
"Io immagino nel mio futuro una vita normale, con la mia moglie qui e dei bambini, che farò giocare, come non ho fatto io".
IL COMMENTO
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