Cronaca

Il retroscena dell'arresto del bandito seriale che rapinava i liceali: la donna ha subito chiamato la polizia che è accorsa anche se il fratello non era più sul posto. L'indagine svolta dai poliziotti in moto, i Falchi della squadra mobile
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GENOVA -Ancora un tossicodipendente fuori controllo che minaccia i familiari per avere soldi per la droga. Come Alberto Scagni, che lo scorso anno a Quinto ha ucciso a coltellate la sorella Alice perché non gli dava denaro.

Il fratello minaccioso stavolta è Matteo, 32 anni, identificato e arrestato dal investigatori dei "Falchi" in moto della squadra mobile nelle scorse ore perché ritenuto colpevole di almeno dodici fra rapine riuscite e tentate nella zona di Castelletto e sempre in danno di liceali degli istituti della zona. Matteo minacciava i ragazzi e si faceva consegnare la paghetta.
Fatale all'uomo le immagini delle telecamere e i tre piercing sul viso.
Il trentenne, alla perenne ricerca di soldi, come emerso dalle indagini, giorni prima era andato a bussare e rifilare calci alla porta della sorella. Lei, in casa con i figli, però ricordando la tragedia di Quinto, spaventata, non gli ha aperto e ha chiesto aiuto al 112 e alla polizia.

Gli agenti dei "Falchi" della sezione contrasto al crimine diffuso che tenevano d'occhio Matteo per le rapine in serie sono arrivati in pochi minuti e anche se l'uomo non c'era più da quel giorno lo hanno controllato a vista, lo hanno marcato sino a quando non è arrivato l'ordine di custodia richiesto dalla procura ed emesso dal giudice che ha permesso di fermarlo. Difeso dall'avvocato Germano Abbondio, l'uomo deve rispondere di rapina e tentata rapina.
Un arresto che ha messo fine alla paura della sorella e degli studenti di Castelletto, per il cui bandito con i piercing era diventato un incubo. L'uomo, molto alto e magro, minacciava i ragazzi di accoltellarli simulando di avere un coltello sotto  il maglione.  Per spaventarli a volte diceva di essere "un marocchino".
Altre indagini dei poliziotti della mobile coordinati dal primo dirigente Gianfranco Minissale sono in corso insieme ai carabinieri per capire se il trentenne è coinvolto anche nel pestaggio della mamma assalita nella sua casa la notte prima della sua cattura.
La donna non parla, un silenzio forse dettato dalla comprensibile difficoltà di sporgere una formale denuncia contro il figlio. Come era trapelato anche nelle indagini sul delitto di Alice Scagni.

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