Cronaca

Per il filone d'inchiesta aperto dopo la tragedia del 2018 indagate 47 persone fra cui i vertici di Autostrade: per dodici la procura ha proposto il patteggiamento. La decisione degli avvocati sarà comunicata in udienza
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GENOVA -Al via oggi, 9 novembre, l'udienza preliminare per 47 persone indagate nel filone d'inchiesta bis sulle autostrade liguri nato dopo il crollo del ponte Morandi del 14 agosto 2018.

L'indagine riguarda i presunti falsi report sullo stato dei viadotti, le barriere antirumore pericolose, il crollo della galleria Bertè in A26 (30 dicembre 2019) e il mancato rispetto delle norme europee per la sicurezza nei tunnel. Per 12 di loro la procura ha proposto il patteggiamento e l'eventuale decisione verrà comunicata dagli avvocati durante l'udienza. Le accuse, a vario titolo, sono falso, frode, attentato alla sicurezza dei trasporti, crollo colposo.

Tra gli indagati l'ex Ad di Aspi Giovanni Castellucci, gli ex numeri due e tre di Autostrade per l'Italia Paolo Berti e Michele Donferri Mitelli e Stefano Marigliani, ex direttore di tronco della stessa azienda, tutti imputati al processo sul crollo del viadotto Morandi. Archiviato il reato di omissione di atti d'ufficio.

Il giudice oggi dovrà anche decidere quali parti civili accettare nel processo: fra i soggetti che proveranno ad esserci anche qui c'è il Comitato familiari vittime del Morandi rappresentato dall'avvocato Riccardo Caruso, che però aMorandi differenza del processo principale si costituirà solo per i fatti avvenuti dopo il novembre 2018, data di nascita del comitato.

Secondo gli investigatori della Guardia di finanza, coordinati dai pm Stefano Puppo e Walter Cotugno, i tecnici di Spea ammorbidivano i rapporti sullo stato dei ponti per evitare i lavori. Era stato scoperto, inoltre, che le barriere fonoassorbenti montate su alcuni tratti autostradali erano difettose e si erano staccate causando problemi agli automobilisti. Uno degli indagati aveva anche detto al telefono che erano "attaccate con il Vinavil".

Il 30 dicembre 2019 era invece crollata una parte della volta della galleria Bertè, in A26. Si erano staccate quasi due tonnellate di cemento che per fortuna non avevano colpito mezzi in transito. Anche in questo caso per la procura i controlli non venivano fatti in maniera adeguata. Le due società Aspi e Spea sono uscite dall'inchiesta dopo avere patteggiato per questo filone circa un milione.

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