GENOVA -Svolta nell'omicidio di Nada Cella, la segretaria di 24 anni uccisa nel suo ufficio di via Marsala a Chiavari il 6 maggio del 1996: il pm Gabriella Dotto e i poliziotti della squadra mobile a 27 anni anni dal delitto hanno notificato la fine delle indagini, preludio che potrebbe portare alla richiesta di rinvio a giudizio dell'unica indagata, Anna Lucia Cecere, 54 anni, affinché venga processata per omicidio volontario aggravato dalla crudeltà e dai futili motivi.
La difesa ora ha venti giorni per ribattere alle istanze dell'accusa e solo dopo quel termine il pm deciderà definitivamente se chiedere di processare Cecere. La richiesta è stata notificata nelle scorse ore alla donna, che ora vive a Boves, in provincia di Cuneo, e al suo avvocato Gianni Roffo.
Anche senza la prova regina del Dna, il codice genetico, con cui si sperava dopo tanto tempo di incastrare l'indagata, gli inquirenti sono convinti di avere gli elementi per convincere i giudici a condannare Cecere, che ha sempre negato ogni coinvolgimento nel delitto, uno dei gialli irrisolti più intriganti d'Italia.
Gli investigatori sono convinti di avere gli elementi per provare la responsabilità dell'ex maestrina che era stata indagata subito dopo l'omicidio e poi sbrigativamente archiviata dal pm di allora Filippo Gebbia.
Un "cold case" riaperto due anni fa grazie alla criminologa barese Antonella Delfino Pesce, l'unica che ha letto tutti gli atti e messo insieme gli accertamenti svolti dalla polizia, titolare dell'indagine, e dai carabinieri, che avevano approfondito il filone d'indagine su Cecere.
La criminologa, insieme all'avvocato Sabrina Franzone legale della famiglia Cella, nel fare riaprire il caso ha ipotizzato anche un movente: Cecere avrebbe ucciso per gelosia perché innamorata di Marco Soracco, il datore di lavoro di Nada, di cui lei voleva prendere il suo posto di segretaria.
L'indagata si è difesa dicendo che la mattina del 6 maggio era a lavorare in casa di un dentista di Sestri Levante dove faceva le pulizie: ma il medico avrebbe riferito di non ricordare se quel giorno la donna era a lavorare nella sua abitazione
Cecere era già stata iscritta sul registro degli indagati subito dopo il delitto perché in casa sua erano stati trovati cinque bottoni uguali a quello rinvenuto sotto il corpo di Nada, particolare però che il pm di allora non aveva mai comunicato alla polizia.
Non solo: la mattina di quel tragico sei maggio più testimoni, alcuni dei quali lo segnalarono con telefonate anonime, avevano visto Cecere andare via da via Marsala, la strada dell'ufficio di Soracco.
Con la riapertura del caso i poliziotti della mobile diretti dal primo dirigente Gianfranco Minissale hanno indagato anche il commercialista Marco Soracco e sua madre Marisa Bacchioni per false dichiarazioni al pubblico ministero e favoreggiamento.
IL COMMENTO
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