Cronaca

L'amministratore delegato del progetto di Messina ascoltato al processo sul tragedia del Polcevera fuori dal tribunale ha parlato della nuova e discussa grande opera in Sicilia: "Non toglierà ma porterà tanti posti di lavoro"
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GENOVA -"La tragedia del Morandi non doveva accadere".

Pietro Ciucci, ex presidente di Anas e neo amministratore delegato della Società Stretto di Messina, svela cosa ha pensato alla notizia del crollo del Morandi ma garantisce che i controlli sul Morandi venivano effettuati.

Ciucci oggi è stato interrogato come teste dei pm al processo Morandi e in aula ha risposto per ore alle domande di magistrati, avvocati e giudici.

All'uscita dal tribunale poi ha parlato anche del ponte sullo Stretto di Messina: "Abbiamo cominciato a lavorare da venti giorni, prossimamente comunicheremo i tempi. Se è un'opera fattibile? Senz'altro sì, è l'opera meglio programmata e meglio definita fra tutte le grandi opere e non ci crede solo Salvini, senz'altro ci credo anche io, ci avevo già provato e poi ero stato fermato nel 2011 dal governo che riteneva di non poter supportare quell'operazione, se si perdono dei posti di lavoro? Porterà decine di migliaia di posti di lavoro per la costruzione e dopo".


Oggi al processo per la tragedia del crollo del 2018 però sono andate scena le omissioni di Anas, l'Azienda Nazionale Autonoma delle Strade fondata nel '46 che affidò ad Autostrade la gestione della rete autostradale e di Ponte Morandi, compiti poi nel 2012 traslati in blocco come il personale al Mit, il Ministero delle Infrastrutture.

Anas, da concedente, come poi il Ministero delle Infrastrutture, per l'accusa avrebbe dovuto controllare e non l'ha fatto. Una logica di omissioni che dopo il crollo del Morandi ha fatto sì che nella lista dei 58 imputati finissero anche 5 dipendenti del Mit, nella categoria dei vigilanti pubblici.

Fra gli allarmi inascoltati quelli della relazione dell'Ingegnere dell'Ufficio del primo tronco genovese di Spea Renato Zannetti, e siamo nel 1978, solo 12 anni dopo l'inaugurazione del ponte.

Lo studio ufficializzava che il ponte progettato da Morandi era già allora a rischio perché il calcestruzzo pressurizzato che si credeva inattaccabile era invece già fessurato, infiltrato dagli agenti atmosferici e per questo era necessario prevedere la sostituzione dei cavi delle pile che lo sorreggevano o ipotizzare di abbatterlo per ricostruirlo in sicurezza.

Ciucci ha chiarito che la responsabilità della vigilanza non era in capo genericamente ad Anas ma a Ivca, una sorta di ispettorato interno "autonomo e indipendente come previsto dalla legge". In base alla convenzione e agli ordini di servizio conseguenti l'ispettorato aveva il compito di "garantire il rispetto delle condizioni previste nelle convenzioni, attraverso l'esercizio di poteri direttivi e di ispezione sulle modalità di raccolta, elaborazione e trasmissione dei dati economici, finanziari, tecnici e gestionali da parte dei concessionari".

Ma così non è stato, almeno a vedere lo scambio di mail tra l'allora direttore dell'Ivca Vittorio Coletta e Aspi tra il giugno e l'ottobre 2009: Coletta (uno dei cinque imputati ministeriali passato da Anas al Mit) aveva chiesto ad Aspi controlli straordinari sulle opere d'arte a partire da ponti e viadotti. Aspi lo aveva rassicurato e qualche mese dopo aveva inviato come unica documentazione una tabella in cui il ponte Morandi risultava a posto mentre un'unica piccola anomalia era rilevata sulla galleria Coronata, a ovest del viadotto. Dopo quello scambio di mail, l'ispettorato non aveva fatto altro. "Credo che qualcosa sia stato fatto - ha detto Ciucci precisando che vedeva quelle mail per la prima volta - non posso pensare non lo abbiano fatto"

Dopo Ciucci, è stata la volta di un altro super manager pubblico: Gianni Vittorio Armani, fino al 13 giugno ai vertici di Iren, oggi a Enel Grids. Armani ha guidato Anas dal 2015 al 2018 (quando la società pubblica, oggi di proprietà di Ferrovie) non aveva più alcun ruolo sulle concessioni autostradali che fanno capo invece al Mit. Armani è stato chiamato per spiegare come funzionavano in quegli anni i controlli sulle opere stradali in gestione ad Anas (circa 31mila km di strade, 14mila ponti e migliaia di gallerie). "Tutte le opere d'arte hanno un controllo trimestrale operato a vista dai cantonieri - ha spiegato - e questi controlli di primo livello innescano controlli di secondo livello che possono essere a richiesta oppure obbligatorio in caso di opere rilevanti, come ponti particolarmente alti o lunghi". E in caso di problemi che tipo di ispezioni vengono fatte? "Controlli invasivi - ha aggiunto - come perforazioni o carotaggi che possono essere superficiali oppure profondi, mentre gli altri tipi di ispezioni come il georadar o le stesse prove di carico non sono completamente affidabili".


Armani ha anche parlato del crollo del Morandi:  "È stato un disastro complessivo del sistema che ha colpito tutta l'Italia. Perché lo Stato che non riesce a garantire la sicurezza delle proprie infrastrutture fallisce nella sua missione fondamentale". Lo ha detto Gianni Vittorio Armani al termine dell'udienza al processo sul crollo del Ponte Morandi, dove è stato ascoltato come manager di Anas (2015-2018), ora è a Enel Grids.

"E' chiaro che qui si cercano le responsabilità individuali ma è molto importante trovare la radice delle cause che hanno portato a questo disastro. È chiaro che la sicurezza si costruisce giorno per giorno perché momento per momento si deve decidere se intervenire o no e questo richiede un sistema che funzioni".