"Nessun ritardo, i primi responsi sul dna dei reperti del delitto di Nada Cella sono attesi entro la fine di questo mese o a febbraio. Più tempo sarà impiegato per l'analisi e più i responsi saranno attendibili".
A parlare dall'appartamento di via Piacenza, a Chiavari, di Silvana Smaniotto, la mamma di Nada Cella, è Antonella Delfino Pesce la criminologa di Bari che ha clamorosamente riaperto il delitto insoluto avvenuto il 6 maggio del 1996 nello studio di via Marsala, a Chiavari, del commercialista Marco Soracco dove la giovane lavorava la giovane uccisa.
Nada fu uccisa con un'arma mai ritrovata da un assassino mai scoperto.
"Credo che gli investigatori della polizia e il magistrato titolare della nuova indagine - spiega ancora Delfino, arrivata a Chiavari per un veloce saluto alla mamma di Nada Cella, per lei quasi una seconda madre - stiano lavorando con grande intensità in modo da avere più carte da giocare per incastrare l'assassinio di Nada Cella anche nel caso non ci fossero riscontri determinanti dalle comparazioni del dna avviati dal noto genetista Gaetano Giardina, di più però ora non posso dire".
Per il delitto della segretaria avvenuto un quarto di secolo fa subito era stato indagato il commercialista titolare dello studio, la cui posizione è stata poi archiviata, poi un'amica dello stesso, Annalucia Cecere, la cui posizione però 25 anni era stata poi archiviata in modo sbrigativo dal magistrato che conduceva le indagini, Filippo Gebbia.
Il magistrato, ora in pensione, non avrebbe mai fornito le informazioni acquisite dai carabinieri alla polizia titolare delle indagini. Prime fra tutti che nella casa chiavarese della Cecere erano stati trovati due bottoni casual uguali a quello sporco di sangue sequestrato sulla scena del delitto.
Questo è emerso solo 25 anni dopo proprio grazie alla criminologa Antonella Delfino Pesce, che due anni fa anni aveva avuto accesso a tutti gli atti delle indagini di polizia e carabinieri dal procuratore capo Francesco Cozzi (ora in pensione), con il fine di svolgere, pensando a Marco Soracco, un'indagine sui cittadini vittime della giustizia.
Da lì, spulciando migliaia di verbali e intercettazioni, la clamorosa scoperta dei bottoni sequestrati dai carabinieri alla Cecere e di cui non avevano mai appreso gli investigatori della squadra mobile.
Anna Lucia Cecere, l'indagata, ora vive a Boves (Cuneo), da dove avrebbe detto che il giorno del delitto lei stava facendo le pulizie in casa o in uno studio di un dentista di Sestri Levante. Di fatto il suo primo e ufficioso alibi.
La presenza di una donna che poteva essere l'indagata davanti al palazzo di via Marsala la mattina del giorno del delitto nel 1996 era stata riferita anche in due telefonate anonime giunte a un avvocato di Chiavari e alla mamma di Marco Soracco, telefonata quest'ultima registrata e divulgata nei mesi scorsi dagli inquirenti nella speranza che qualcuno potesse identificare alla donna con accento ligure che parla al telefono. Ma sino ad oggi nessuno sarebbe riuscito a dare un nome a quella donna.
La criminologa Delfino Pesce per la riapertura del caso Cella dopo un quarto di secolo a dicembre è stata inserita dal Corriere della Sera fra le donne più importanti del 2021 in Italia: "Una bella soddisfazione non lo nego - spiega lei - ma se io ho contribuito a fare riaprire un delitto che sembrava ormai insoluto ora spero tanto che polizia e magistrato riescano a incastrare chi ha ucciso Nada: sarebbe il più bel regalo alla mamma".
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