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L’aspetto che mi lascia un po’ perplesso è quella specie di diktat commerciale per cui lì in quel posto debbano andarci soltanto cose che abbiano a che fare con il mare e la navigazione...
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di Mario Paternostro
Il rendering del centro commerciale del Waterfront di Levante

Il signore della settimana scorsa, quello che mi sussurrava che il Waterfront di Levante disegnato da Renzo Piano, dopo una scattante partenza con la giunta Bucci, stava rallentando con la giunta Salis, allora aveva ragione. Lui aveva una operazione commerciale in corso nell’area della ex Fiera che avrebbe dovuto essere aperta con tutte le altre nel Palasport entro il mese, ma era stata rinviata a fine novembre. “Se va bene la vedremo nel 2026”. Pensavo che fosse uno degli abituali lamenti alla genovese. Invece…

Invece leggo sui quotidiani e ascolto in radio e tv che si ferma anche la pista ciclabile, quel sottile filo conduttore della grande operazione urbanistica che dovrebbe essere il collegamento fisico tra il Porto Antico, cioè il Waterfront di Ponente e la Fiera con Palasport-spiaggia-abitazioni-posteggi e molto altro, costituendo insieme, cioè uniti, uno prosieguo dell’altro, la nuova costa genovese, variegata, vivace, contemporanea, fatta di luoghi di incontro, edifici commerciali, sport, barche, case per studenti da trattare bene perché vengano a Genova e ci restino, hotel e ristoranti, e soprattutto acqua che scorre tra i moli e gli scafi, ridando a Genova il mare. Ma-Re. Magnifico.

Ma i negozi non arrivano e la pista ciclabile per andare dal Jean Nouvel ai Magazzini del Cotone si blocca. Che cosa sta succedendo? Non voglio pensare che la nuova giunta fermi anche questo progetto che non è né Skymetro, né funivia, ma ridisegno urbanistico della parte di Genova più esposta ed esportabile.

L’aspetto che mi lascia un po’ perplesso è quella specie di diktat commerciale per cui lì in quel posto debbano andarci soltanto cose che abbiano a che fare con il mare e la navigazione. Capisco che debba esserci una “vocazione” al marinaro solo perché una volta all’anno in questa area “rubata” all’acqua negli anni Sessanta con un’operazione rivoluzionaria, si svolge una volta all’anno il Salone Nautico. Ma che questa tendenza corretta debba diventare una “prigione” mi pare eccessivo e forse assurdo. Scapperanno tutti.

Sarebbe come dire che al Waterfront si deve vendere soltanto merce marina. Scafi, boe, vele, remi, scialuppe, timoni. Cerchi una bici? Al centro commerciale del Waterfront è vietato. Comprati un pattino, una canoa e non rompere le scatole. Vuoi un paio di slip o di boxer? Neanche per sogno: acquista un salvagente. Desideri mangiare un caloroso hot-dog con senape? Scordatelo: lì solo panini con “besughi”. Dal fruttivendolo niente pesche ma frutti di mare, addio lattuga, sui banchi solo alghe. Cerchi un bel paio di mocassini di quelli marrons molto genovesi? Scherzi? Potrai acquistare solo pinne magari marrons, ma pinne gommose. La tua ragazza vorrebbe un bell’orologio? Si comprerà una bussola e se speri di trovare una sartoria ti rassegnerai ad abbandonare l’idea di un completo con giacca a tre bottoni optando per una muta da subacqueo. Perché al Waterfront di Levante, secondo la Costituzione della giunta Salis, la vita non è in superficie, ma sottomarina.

Da pesce, da acciuga, da nasello, tuttalpiù da cozza attaccata ai palazzi-nave di Piano. Speriamo che non inventino nuovi Regolamenti per la vita degli altri quartieri genovesi.

Chissà a Oregina-Lagaccio-Righi-Quezzi solo negozi di piccozze, ramponi, sci da fondo. Nei forni delle pizzerie solo valdostane ricche di Bleu d’Aoste o fontina, vietato u menestrun e largo alla valpellinentze, e sulle funicolari tanti distributori di fonduta. Lo spritz finisce a San Simone. Poi soltanto Genepy a gògò.

Magari sono io che non ho capito niente. Ormai bisogna vivere così, a compartimenti stagni, tra confini anche commerciali. Allora agli amici del Waterfront, anzi, del Waterstop monomarca, se mai ci andranno a commerciare auguro: glu-glu-glu-glu.

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