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3 minuti e 39 secondi di lettura
di Franco Manzitti

Potrebbe sembrare una favola più per grandi che per bambini, oppure la descrizione di un piccolo zoo che anche noi genovesi possiamo ammirare, in una città povera di attrazioni animali.

Invece è la storia di due lentezze che finiscono con il determinare il nostro sviluppo in una concatenazione di sequenze legate indissolubilmente e un po' amaramente all'andamento zeneise di questi tempi, diremmo meglio di questi decenni.
E' la storia della lumaca quella che colpisce di più, perchè riguarda la grande opera pubblica che poteva essere la più decisiva e che invece sembra la pietra tombale della nostra mobilità urbana. Parliamo della metropolitana, quella i cui lavori sono incominciati all'inizio degli anni Novanta, sotto il regno dell'allora sindaco Cesare Campart repubblicano e sotto la regia tecnica della fu Ansaldo.

Trentacinque anni dopo, e quasi nove sindaci dopo, quella metropolitana è ferma a un percorso di 7 chilometri e duecento metri. Copre il tratto dalla Stazione Brignole a Principe e poi fino a Certosa, dove era nata sbucando dalla galleria dell'ex tram.
Era tanto piccola all'inizio che la chiamavamo la metropolitana cucù, perchè era come quegli orologi dai quali un uccellino sbuca per dire appunto cucù e poi torna indietro.
Ma eravamo agli inizi e i sogni erano molti. Il metro poteva salvare la mobilità a Genova, risolvere i problemi del trasporto lungo la costa, in una linea fantastica e poi salvare le due grandi vallate, sopratutto la Valbisagno, strangolata sempre di più.
Altro che lo Skymetro e le inesorabili discussioni di questi tempi infami.
La metropolitana, un po' sotterranea, un po' in superficie, ci avrebbe salvato, ridotto il traffico, liberato possibili aree pedonali, esaurito il problema dei posteggi in zone delicate della città.

Certo non ci aspettavamo il metrò di Parigi o il tube di Londra per citare le più famose. E invece 35 anni dopo, dopo Campart, Merlo, Burlando, Sansa, Pericu, Vincenzi, Doria, Bucci e non certo l'incolpevole Salis, appena arrivata, siamo fermi a quei 7 chilometri e un pugno di fermate. Quella di Corvetto, abbastanza inutile, abbiamo appreso che sarà in ritardo di due anni, lasciando la celebre piazza e dintorni in ostaggio di un cantiere invasivo e in coabitazione con quello del nodo ferroviario.
Nello sciagurato quartiere di Certosa, la stazione un poco più in là da quella disegnata da Renzo Piano decenni fa, è oramai come una chimera.
Si parla da decenni di grandi opere e in parte si è incominciato a farle, ma qui la metropolitana più lenta del mondo non è mai stata neppure citata nei grandi piani di sviluppo. Almeno dello stadio di calcio ogni tanto discutono, decidono senza fare nulla, ma del metro nisba. E' un fantasma dimenticato.
Mentre a Milano si costruiscono folgoranti linee nuove, manco fossimo in Giappone, qui rimuoviamo il problema.

La linea da Brignole verso san Martino, che doveva arrivare a Piazza Martinez, ci ha messo otto anni a percorrere ottocento metri e viaggia pure in superficie.
Vale allora la pena di chiedere: ma che fine ha fatto la metropolitana genovese? E' sepolta come una talpa, magari come quella della barzelletta dei carabinieri?
No assolutamente no, non confondiamo le favole e i relativi protagonisti, Qui la talpa è l'attrice dell' altra storia di lentezza, quella talpa cinese che ha impiegato qualche anno e qualche giro del mondo per arrivare da Shangay a Genova per essere montata e diventare quella macchina infernale che doveva scavare il tunnel dello scolmatore del Bisagno, opera chiave per salvare dalle alluvioni la zona più rischiosa di Genova.
Beh questa talpa capace come poche di fare il suo lavoro, dopo anni di attese e di misteri è finalmente stata sbarcata a Genova, ma i pezzi per montarla, ora sono sparsi per la città, un po' in cima al Bisagno e un po' ancora celophanati nel cantiere di arrivo, in corso Italia all'altezza dei Bagni Squash, nel cantiere eterno degli scolmatori.

Altro che mettersi a scavare: la talpa è ancora decomposta e il suo colossale ritardo condiziona non solo lo scolmatore ma la sicurezza della Valbisagno, dove le obiezioni per la costruzione dello Skymetro riguardano anche la mancata galleria della talpa. Ecco che una lentezza si lega all'altra in una catena senza fine.
Ma abbiate pazienza questa è solo una favola, O meglio sono due favole in una sola. Andamento lento.

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