
Scegliere il successore di papa Francesco non sarà come è sempre stato nominare un nuovo papa. Anche se il cardinale tedesco Mueller, capo dei conservatori, precisava che il problema non è quello di nominare chi viene dopo Francesco, ma piuttosto decidere chi sarà il prossimo successore di san Pietro Fondatore della Chiesa, sottolineando che il problema non è continuare nella strada tracciata da Bergoglio, ma piuttosto stare nelle sacre regole che stabiliscono chi siede sul supremo soglio.
In realtà la grande difficoltà che i 133 cardinali in Conclave si trovano sul tavolo dopo l'extra omnes e dopo la prima fumata nera, quando le porte della Sistina si sono chiuse definitivamente, è quella di distinguere nella loro scelta se dare seguito al papato più rivoluzionario della Storia recente o forse di tutta la Storia o se rientrare nei binari della tradizione, che ha sempre affidato alla decisione una carica anche di imprevedibilità.
Francesco I ( ora lo si può chiamare proprio cosi) è stato come un “incidente” nella storia del papato, ha capovolto regole eterne, probabilmente senza andare al fondo di molte decisioni che tanti si aspettavano, come i preti sposati, un maggior ruolo alle donne e altre decisioni per altro spinte da Chiese forti e sull'orlo dello scisma come quella tedesca. Il suo orizzonte era diverso e molto più ampio. Questi sono processi lunghi per i quali ci vuole ancora tempo se ce ne sarà. O se tutto cambierà ancora.
Francesco ha capovolto la Chiesa per altri versi. Sulla traccia di san Francesco d'Assisi ha tracciato un'”altra” Chiesa non solo volgendosi verso gli ultimi e le periferie, come tutti spiegano sopratutto in questi giorni.
Ha fondato il suo pontificato più che sui dogmi (anche quelli appena indicati sul clero) sulla Grazia, come nuova legge che fonda il suo credo ponendo la questione della povertà dell'emarginazione, dell'emigrazione, non come un populismo di fondo, ma come il centro di una azione diversa nel mondo attuale. Francesco, non era certo un teologo, un pensatore, anche se qualcuno vorrebbe interpretarlo anche così. Era invece insieme un teologo- pescatore nel senso di un cuore profondo che prevaleva sulle leggi scritte.
La teologia per lui è stata una ferita profonda, una apertura al grido dei poveri, al lamento della terra, al suo grido, quindi alla vertigine del dubbio, alla dimensione umana. Ecco il perdono per tutto e per tutti, chi sono io per giudicare un gay, io sono un peccatore. Le sue invocazioni più insistenti e più forti.
Quante volte lo abbiamo sentito insistere su questi concetti, che riassumono la fallibilità umana. Ecco questa era la sua teologia grondante sangue, ferite, dubbi profondi.
Come si poteva pensare che allora in questa visione si capovolgessero dogmi sacri, facendone battaglie sanguinose dentro alla Chiesa. Meglio il Sinodo, come una grande discussione “di base” per coinvolgere tutto verso la nuova “Grazia” dell'amore prima della legge.
Francesco sviluppava il suo magistero in altre direzioni. In una visione nella quale il volto del prossimo da aiutare, da assistere, da pescare veniva anche prima di quello di Dio e delle sue certezze sacre.
Allora si capisce che la successione a un papa così sarà una contesa quasi impossibile, perchè si tratta di entrare come in un campo di battaglia. Non si tratta di decidere se prevalgono i continuisti, i progressisti, i conservatori, quelli che si sentono fuori dalla sua Chiesa.
Il problema è se la Chiesa resterà in questo solco nuovo e profondo e che l'ha cambiata o se, invece, tornerà indietro nella sua storia. E non sarà a questo punto tanto importante il nome del prescelto dell'”habemis papam”, che apparirà nella Loggia di San Pietro tra qualche giorno o qualche settimana, ma quello che succederà dopo.
Sarebbe facile immaginare che se il prescelto sarà il filppino Tagle o il cardinale bolognese Zuppi, indicati come i più vicini a lui o Parolin, il segretario di Stato, elemento di equilibrio o se, invece, spunterà un nome non previsto e sul quale in questi giorni gira la lotteria di tanti previsori e la barca della chiesa andrà in una direzione piuttosto che nell'altra.
Invece si capirà dopo, dai primi atti del nuovo pontefice, che si chiami Francesco II, come qualcuno prevede o Benedetto XVI o Giovanni XXIV, tanto per fare i nomi su cui i vaticanisti di professione di arrovellano, se siamo ancora in quella storia capovolta della Grazia al posto del Dogma o se siamo tornati indietro.
I suoi sostenitori possono contrapporre una Chiesa dell'amore nel senso nel quale lo intendeva Bergoglio a quella dei precetti oramai consunti, una specie di cimitero, come le chiese chiuse, la mancanza di vocazioni, il deserto dei conventi svuotati, delle parrocchie destrutturate. I suoi avversari, quelli estremisti, che hanno esultato alla sua morte, aspettano che si ritorni al vecchio equilibrio, magari incominciando da quella gerarchia capovolta da lui come uno dei primi atti del suo pontificato.
E allora anche i piccoli passaggi, come quello del ritorno all'abitazione nel palazzo apostolico e non più nel collegio di Santa Marta, la restaurazione delle abitudini papali, il recupero di una sacralità liturgica anche personale (le scarpe ortopediche, l'utilitaria al posto dell'auto vaticana, la borsa portata in aereo personalmente) potrebbero essere i segnali di un ritorno.
Quello che il mondo non percepisce è proprio la divaricazione totale che Francesco ha prodotto con i suoi dodici anni in Vaticano e, quindi, la potenzialità del cambio che viene dopo le analisi catastrofiche della Chiesa che brucia, del ritorno alle catacombe di gruppi sparuti di cattolici, rimasti in un mondo secolarizzato e ateo.
La grande ipocrisia che sta circondando la sua morte, i funerali, perfino le sue decisioni estreme, come la sepoltura lontano da san Pietro., sotto la nuda pietra di lavagna della terra ligure dei suoi avi, copre questa enorme questione che riguarda la Chiesa e non solo.
IL COMMENTO
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