Al di là di tutto quello che è successo fuori dal campo, il derby di Coppa Italia si è giocato e lo ha vinto - con pieno merito - la Sampdoria. Nonostante la categoria di differenza e nonostante la differenza tecnica, almeno in partenza, tutta a favore dei rossoblù. Successo arrivato ai rigori ma legittimato con una prova più che convincente dei blucerchiati, che hanno giocato col vero spirito da derby. Anche perché, al netto della lotteria decisiva dal dischetto, per la Samp è stato già più che positivo arrivare in parità al novantesimo, meritando complessivamente di più rispetto ai cugini sul piano del gioco.
In campo non si è vista la differenza di categoria. E però io non sono così convinto che il derby "azzerri i valori" perché i valori in partenza c'erano ed erano quasi tutti a favore del Genoa. Non ci sarebbe stata teoricamente partita, a prendere i giocatori uno per uno. Con tutto il rispetto, La Gumina è forse più forte di Vitinha? Un Pinamonti non può forse competere con un bomber di categoria come Coda? E ancora il trio difensivo Vogliacco, Bani, Vasquez - tre giocatori abituati a giocare nella massima serie anche con risultati apprezzabili - ha qualcosa in meno rispetto a Bereszynski, Romagnoli e Vulikic (quest'ultimo l'anno scorso a Perugia in Serie C)? Senza dimenticare il centrocampo dove giocatori come Badelj e Frendrup, ancor più di Thorsby, hanno senz'altro le qualità per mettere in difficoltà elementi come Meulensteen, Vieira e Akisanmiro, oltre tutto non titolari in questa Samp nelle ultime gare di campionato. Ma il calcio non è un album di figurine. Non si gioca coi nomi. Il calcio è fatto di organizzazione di gioco, di idee, di spirito. Ed è lì che Andrea Sottil - che sinora oggettivamente non aveva entusiasmato nelle sue prime panchine blucerchiate - ha vinto il derby con Alberto Gilardino.
La partita si è decisa in campo e anche in panchina, inutile girarci troppo attorno, sia nelle formazioni iniziali sia nella lettura del match e nei cambi. Il Genoa ha avuto anche il vantaggio di partire con un gentile cadeaux della difesa doriana, quel gol di Pinamonti dopo la topica difensiva di Romagnoli, e avrebbe anche potuto raddoppiare a fine primo tempo con Vitinha sempre dopo un errore dei blucerchiati. Ma i rossoblù non sono mai stati capaci di far valere, sul piano del gioco, la loro migliore qualità (almeno teorica). E' vero, Gilardino era privo di Malinovskyi e Messias e aveva una panchina corta. La scelta di affidarsi ai titolari era stata la più logica, forse perfino l'unica, per onorare un derby che il Genoa doveva vincere senza se e senza ma, non tanto per passare il turno in Coppa Italia quanto per dare una soddisfazione ai propri tifosi e riscattare la sconfitta di Venezia. I rossoblù però dopo il vantaggio si sono limitati a difendersi, lasciando il campo e il gioco ai blucerchiati, sperando insomma di portare a casa l'1-0 maturato in avvio in modo anche abbastanza casuale. I cambi nella ripresa - soprattutto la scelta di affidarsi a una sola punta - hanno solo dato ulteriore campo alla Samp. Gilardino - che ha avuto grandi meriti in questi anni al Genoa, visto che i numeri parlano per lui dalla promozione in A all'undicesimo posto della scorsa stagione - stavolta ci ha messo parecchio del suo. E' vero, la società rossoblù ha delle responsabilità chiare: con la cessione di Gudmundsson, Retegui e Martinez in estate la squadra è stata indebolita. Su questo non ci piove. Ma coi giocatori a disposizione il Genoa attuale avrebbe comunque potuto fare molto meglio con la Samp in coppa così come con Verona e Venezia in campionato. Il Genoa fatica a fare la partita contro le squadre teoricamente meno quotate, era così anche l'anno scorso ma spesso i giocatori di qualità - su tutti Gudmundsson - ci avevano messo una pezza. Gilardino però è un allenatore intelligente e può trovare i correttivi. Paradossalmente la partita con la Juventus può essere l'occasione giusta per invertire la tendenza: i rossoblù hanno già dimostrato con Inter e Roma, anche nella stagione in corso, di poter giocare alla pari con le big. Difficile però pensare ad oggi per il Grifone un obiettivo diverso dalla salvezza.
Sottil ha indovinato tutte le mosse tattiche del derby e ha battuto Gilardino anche nella lettura tattica. Ottime le prove su tutti di Vieira e Akisanmiro a centrocampo, bene anche Meulensteen, convincenti due giocatori teoricamente da serie A come Depaoli e Bereszynski dopo qualche passaggio a vuoto di troppo. Bene anche i cambi, non solo per l'ingresso di Tutino (uno che in A potrebbe starci tranquillamente) ma soprattutto per un Borini tolto dalla naftalina e finalmente decisivo anche in questa stagione. Un fedelissimo di Pirlo che può rappresentare un'arma in più anche nel nuovo corso. Poi naturalmente nella serata di Marassi ci sono stati i rigori, e lì la sorte e la freddezza hanno fatto la differenza: promossi Leali e Silvestri tra i pali, decisivi gli errori di Miretti e Zanoli (quest'utimo ex Samp) tra i rossoblù così come la realizzazione finale di un altro ex rossoblù ora blucerchiato, Barreca. "Un rigore come Fabio Grosso al mondiale" ha raccontato lo stesso Barreca. Forse non è proprio così, ma certo questa gioia è grande per il mondo Sampdoria. Non tanto per la conquista della gara di Coppa Italia con la Roma a dicembre quanto per il significato simbolico di questo successo: la Samp è in B ma resta, nonostante la retrocessione e il fallimento sfiorato nel 2023, una piazza da Serie A. Ed il ritorno nella massima serie resta il grande obiettivo stagionale. Se i blucerchiati sapranno ripetere la prestazione del derby anche in contesti differenti - a iniziare dall'insidiosa trasferta di domenica a Modena - allora la rimonta sarà possibile
IL COMMENTO
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