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La cronaca tra depistaggi e bufale del paradossale giovedì di maggio passato dai cronisti per tentare di avere anche solo una foto del presidente della Liguria che pure sull'immagine e la comunicazione ha fondato il suo regno
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GENOVA - Su una cosa di Toti tutti sono d'accordo: lui da buon ex delfino di Berlusconi è un un mago dell'immagine, ci mette la faccia, riesce ad apparire a ogni occasione, come a dire, parlate male ma parlate di me. Il presidente della Liguria nei suoi anni di impero in piazza De Ferrari non perso occasione di farsi vedere in quella sala Trasparenza che per lui sembrava un abito su misura, allerta meteo, per pioggia, per il troppo caldo, iniziative politiche, sagre, la pestomania con il pestello gonfiabile, Toti non ha mai perso occasione di apparire, di informare i liguri, i suoi elettori, e pure chi non l'ha votato, che gli hanno sempre additato questo eccessivo presenzialismo.

Ieri così a tutti noi giornalisti di Genova e pure i tanti inviati foresti è sembrato contro natura, come una beffa del destino, passare un'intera giornata, con tanto di aperitivo il giorno prima, a indagare per cercare di vedere il governatore anche solo per un attimo ridisceso a Genova per l'interrogatorio investigativo con i pm, tra depistaggi, posti ipotetici e pure bufale, con focaccine e chat muta dei cronisti.


"Lo interroghiamo nella sala biblioteca al nono piano della procura", sussurra una fonte in teoria ben informata, e subito i cronisti di giudiziaria notano che in effetti nello stesso tempo il locale indicato viene ripulito, appunto per accogliere i pm, i finanzieri e lui, Giovanni Toti, che finalmente riapparirà per l'interrogatorio da lui richiesto dopo essersi avvalso della facoltà di non rispondere davanti al gip.

La caccia parte mercoledì ventidue maggio, il giorno prima.

In procura nessuno parla e tutti parlano, come sempre, il toto-location impazza senza freni. Con il passare delle ore sale la tensione fra i tanti giornalisti che seguono l'inchiesta, arrivati da ogni parte d'Italia, fra cui spiccano cinque o anche più troupe di mamma Rai, e poi ci sono inviati, mezzibusti, anche di grido, radio, e persino un dj arrivato dalla Lombardia.

Ogni cronista sonda le sue fonti: la guardia di finanza è militare, un muro impenetrabile, stesso silenzio dei magistrati, alcuni non ricevono neppure i giornalisti. Top secret anche dal procuratore. L'ipotesi biblioteca viene confermata e poi smentita, confermata e smentita sino al mattino di giovedì, il Dday. Lo sbarco di Toti.

Fra le poche certezze quelle che filtrano dal legale dell'arrestato, Stefano Savi, persona seria e affidabile con anche importanti incarichi in seno all'ordine e che di casi da prima pagina ne ha seguiti tanti. Si scopre alla fine che però neppure lui sa quale sarà la location dell'interrogatorio. Trapela solo che dovrà incontrare i finanzieri in piazza Cavour intorno alle 10.30, e da lì salirà su un'auto delle fiamme gialle con destinazione una loro caserma in porto. Come una spy story. Da ridere, se non fosse che noi cronisti questa matassa dobbiamo dipanarla.
Le poche notizie che filtrano sembrano indirizzare tutto verso un luogo perchè se si parla di una caserma oltre il varco di piazza Cavour l'unica destinazione è quella di Molo Giano, nota a tutti i cronisti esperti perchè a pochi metri da punto dove, sempre il 7 maggio (lo stesso giorno e mese dell'arresto di Toti, ma nel 2013) crollò la Torre Piloti uccidendo 9 lavoratori, una storica ferita della città.

Ma, ci si chiede, sarà davvero dentro il porto la caserma della finanza in cui sarà trasportato come un pacco l'avvocato Savi? La tensione fra i giornalisti sale, chi ha tanti cronisti e fotografi a disposizione lì piazza davanti a ogni potenziale obiettivo. Marca il territorio.

Il numero degli obiettivi da controllare però è elevato: c'è la caserma dove ha sede il Gico della guardia di finanza di corso Europa, che è titolare dell'indagine, ma c'è anche la caserma Testero del comando provinciale di lungomare Canepa, che è pure vicino a un varco portuale, sarà questa?

Poi a inizio mattina da ambienti fiamme gialle evidentemente non bene informati o solo tesi a depistare, arriva la voce che l'interrogatorio si terrà in una caserma o nel tribunale della Spezia: che stupidi, come non pensarci prima? In fondo è logico, si coglie di sorpresa la massa di giornalisti sguinzagliati come segugi per le vie di Genova e rende la giornata meno pesante a Toti, il che non guasta perché è pur sempre un politico importante che sta a cuore al governo.

Ragionamenti, elucubrazioni mentali che vengono cancellate da una constatazione: alle 9.30 i magistrati che dovrebbero interrogare il presidente sono ancora in ufficio, in tribunale, non ricevono i giornalisti, ma sono lì. Se dovessero andare sino alla Spezia sarebbero già partiti visto anche le condizioni di grande sofferenza delle autostrade liguri tappezzate dai cantieri. Dunque la location sarà Genova, ma sono ormai quasi le 10.15 e l'interrogatorio è previsto per le 11.

Non serve a sciogliere l'enigma neppure la chat su Whatsapp improvvisata dai giornalisti per tentare di fare squadra e comunicare a tutti eventuali indizi sulla location e altre eventuali notizie diramate dall'avvocato Savi, che appare il più sensibile alle esigenze dei giornalisti.

La procura rimane in silenzio, perchè è la procura e forse anche perchè era già stata strigliata giorni prima da Associazione Ligure dei Giornalisti, Gruppo Cronisti Liguri e Ordine dei Giornalisti della Liguria con un duro comunicato in occasione dell'interrogatorio di garanzia di Toti, quando per bloccare i cronisti in vena di cercare notizie, che poi sarebbe anche il loro lavoro, furono inscenati finti lavori in corso al terzo piano del tribunale con tanto di transenne.

Oggi però, per fortuna, nel grande muro di omertà quasi al Novantesimo minuto qualcosa filtra, sono quasi le undici quando sulla chat si posta il posto dove si svolgerà l'interrogatorio: la caserma della Gdf di Molo Giano.

La conferma arriva subito dopo: il procuratore aggiunto Vittorio Ranieri Miniati viene avvistato in auto a Molo Giano, mentre le due auto con Toti e i finanzieri sgommano da via Pescatori e sino al reparto aeronavale della Finanza. Qualche cronista appostato davanti alla caserma li vede per un attimo, poi deve nascondersi perché vigilantes e finanzieri setacciano vigili tutta l'area intorno alla caserma in cerca di cronisti ficcanaso. "Lei chi è, cosa fa? Documenti!".

Tira brutta aria per i bravi cronisti infiltrati a Molo Giano.

Intanto ai tre varchi del porto, piazza Cavour, Varco Molo Giano e via dei Pescatori, intorno a questo angolo di porto che sembra un'isola, si formano gruppi di insolenti cronisti in cerca di immagini e notizie. Troupe televisive, caciara, snack e lattine, collegamenti in diretta, il teatrino dell'informazione comunque si plasma. Si capisce che la giornata sarà lunga grazie a pochi messaggi che filtrano anche dalla procura, tanto ormai la location è svelata e anche abbastanza sigillata.

Il lungo presidio dei giornalisti, in auto, furgoni, scooter, a piedi, in bici, accampati e spesso affamati, dura sino alla sera, con pure qualche gesto nobile, come il giovane cronista di Rai3 Liguria che distribuisce focaccine a tutti. Sono le venti quando i finanzieri e il "prigioniero" Toti escono dalla caserma e fuggono verso Spezia facendosi largo con una paletta esposta dal finestrino dell'auto scura.
 
Nelle mani dei cacciatori di immagini e notizie rimangono due scalpi, una foto rubata da una cronista in cui si riconosce la sagoma di Toti, con il suo inconfondibile naso appuntito, immagine poi divulgata a tutti, e la memoria difensiva di 17 pagine, diffusa a ogni media su input dell'avvocato Savi. Memoria che chiude una delle giornate più paradossali passate a caccia di un'immagine, anche solo il suo naso di profilo, che evoca quello di Fausto Coppi, di un uomo - Giovanni Toti - sino al sette maggio ciclista predestinato, spavaldo uomo solo al comando, ora invece nei panni dell'icona dell'ultimo della fila che cerca disperatamente di tornare in gruppo.

 

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