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Il nostro progetto non cambia: l’obiettivo rimane quello di riportare questa gloriosa società dove merita», ha detto Matteo Mandredi, presidente della Sampdoria a chiosa di un comunicato ufficiale che rappresenta una sorta di sintesi-bilancio al termine della prima stagione alla guida del club blucerchiato. Con tanto di ringraziamenti ai tifosi («straordinari») «per il loro sostegno incondizionato» e alla squadra, al tecnico, allo staff per l’impegno profuso «in ogni singolo momento».
E’ un bilancio con una promessa di rinnovato impegno dopo una stagione caratterizzata «da numerose vicissitudini» inclusi infortuni e retaggi della gestione precedente, partendo appunto da una situazione «sull’orlo del baratro».
Un comunicato breve, ma che tocca i punti salienti. Una chiosa utile anche a far sentire la presenza della società in un momento naturalmente negativo per la tifoseria. Dopo la partita forse più brutta e la delusione più cocente di tutta l’annata. Perché neanche un tifoso della Sampdoria si è mai dimenticato dove Radrizzani e Manfredi, ma ormai il binomio, si è ridotto a un nome solo, aveva preso la Sampdoria. Nessuno ha mai dimenticato di tener conto delle difficoltà. Molti, anche nella lunga diretta dello Speciale Gradinata Sud, di venerdì su Primocanale, hanno sottolineato proprio questo e hanno detto grazie comunque. Ma è stato il modo a deludere, ad amareggiare e anche a irritare chi ha seguito da vicino (pochi, generosissimi, sugli spalti del Barbera) e da lontano (tanti, davanti alla trv) la squadra del cuore. Atteggiamento sbagliato, approccio sbagliato, interpretazione della partita sbagliata. Mai dentro la partita all’inizio e mai rientrati durante, cosa a cui questa Sampdoria aveva abituato. Sbagliata anche la formazione e tardivi i cambi, e questo va detto perché è stato giusto riconoscere a Pirlo la capacità di assumersi responsabilità (anche non sue) durante l’anno, è stato giusto avergli riconosciuto i meriti, e alla squadra quello di essere cresciuta partita dopo partita e ferita dopo ferita. Ma stavolta è davvero difficile salvare qualcuno da questa uscita di scena dopo una battaglia mai combattuta. Alla resa dei conti, la giornata più nera, certe scelte incomprensibili. Come lasciar fuori Stojanovic, uno dei giocatori più ispirati degli ultimi tempi, ma pure Barreca, seppure non al meglio, proporre Ricci accanto a Yepes, due giocatori omologhi per vocazione a comporre un centro campo compassato, di scarso peso, di zero impatto atletico, incapace di un cambio di passo.
Anche se in filigrana pare di poter intuire il senso del ragionamento di Pirlo nel preparare la partita in un certo modo e con certi interpreti piuttosto che altri. Lo testimonia anche il mantra della vigilia: «Coraggio , serenità e sangue freddo». Non spregiudicatezza, personalità, aggressività. No, altri tre concetti: provare a stare dentro la partita e poi, piano piano, rosicchiare metri e certezze agli avversari e uscire fuori con una squadra negli ultimi tempi non perfetta ma di personalità. Addirittura, l’allenatore del Palermo, l’ex Samp Mignani, aveva passato la palla dei “favoriti” a Pirlo, che l’aveva raccolta. Poi, appunto, è andata come è andata. E si può comprendere, si possono vedere ancora una volta i limiti complessivi e individuali di questa squadra, ma perdere così – con la controprestazione più annichilente dell’anno – brucia terribilmente.
Ora, però, non resta che voltare pagine e riprendere il cammino. Partendo dalla ribadita volontà del presidente di riportare la Sampdoria dove merita e meritano i suoi tifosi, dove le compete per storia. Si riparte per cancellare definitivamente il capitolo della gestione precedente con il famoso accordo tombale; dalla volontà di rafforzare la compagine societaria con finanziatori (Singapore o Arabia saudita, le piste) affidabili; dall’intenzione manifesta di Manfredi di mettere le mani in tutti i settori del club per migliorare, aggiornare , ottimizzare. E si riparte – e qui sta il punto più importante in quanto più facilmente tangibile – dall’idea di affiancare ad Andrea Mancini, che ha fatto cose buone con i mille limiti che aveva, un manager – direttore generale o dell’area tecnica, possibilmente abbandonando la pomposa definizione anglofona di “head of performance” – di esperienza, mestiere, conoscenza e conoscenze. Perché anche dai rapporti fra colleghi può nascere qualcosa di più e di meglio, soprattutto a mercato (ancora il prossimo estivo) vincolato dall’obbligo di chiusura attiva. Si è fatto il nome di Guido Angelozzi, ex Spezia, ottimo lavoro in molti club, e ora al Frosinone. Se ne sono fatti altri di curriculum molto più breve. Fra i nomi che, più volte, ritornano, c’è pure quello di Petrachi. La scelta non è banale né facile. Serva un uomo guida navigato e abituato a fare bene (anche) in serie B. Serve chi sappia, come Angelozzi, costruire squadre per salire dalla B alla A. Serve chi sappia accompagnare e far crescere anche il giovane Mancini junior, che è nel cuore del presidente e ha il non indifferente merito di essere figlio di cotanto padre. E oltre, all’amore dei tifosi blucerchiati, Mancini senior – Mancio – sta provando a dare una mano alla sua Sampdoria alimentando contatti con l’Arabia Saudita che possano dare ossigeno alla Samp. Angelozzi è il nome che piace a tutti. Ma al di là del nome in questione, è l’identikit che conta e deve portare a una figura del genere; a un esperto professionista del ramo come, altro esempio, è Pantaleo Corvino a Lecce. Per non parlare dell’uomo, Giovanni Sartori, che ha contribuito in modo determinante a creare il miracolo Chievo e che, dopo, ha fatto fare il salto di qualità all’Atalanta e, ora, ha portato il Bologna in Champions. Un ex Samp che più volte ha avuto contatti con la società blucerchiata senza mai ri-approdare a Genova. Ed è scontato che anche l’allenatore debba godere della piena fiducia del manager tecnico più alto in grado.
Postilla finale: riportare la Samp dove merita, ha detto Manfredi. E siamo tutti d’accordo. Manca la risposta a una domanda semplice semplice: quando? Questa Sampdoria, questi tifosi, meritano  un “qui e subito”. Che non è mai facile, come il Parma insegna. Ma, dopo questo anno di sofferenze e rodaggio, l’obbligo morale, e il progetto conseguente, dev’essere questo. Mettere la A nel mirino, senza indugi. Possibilmente con un piccolo, doveroso gesto, simbolico ma non solo: un ritocco – anche lieve – degli abbonamenti. Al ribasso. I sampdoriani se lo meritano.