"Lavoro è partecipazione”. Nella lettera dei Vescovi italiani per la festa del 1° maggio 2024 si legge: “Il lavoro per la partecipazione e la democrazia”: non solo la nostra Costituzione dice che l’Italia è una repubblica fondata sul lavoro, ma la Dottrina Sociale della Chiesa insegna che lavorare è partecipare all’opera creatrice di Dio, che ha fatto il mondo, ma lo ha affidato all’uomo perché lo “custodisse” e lo sviluppasse con la sua intelligenza e operosità.
Nessuno deve essere escluso da questa possibilità di portare il proprio contributo di idee, di azione concreta nel costruire un mondo migliore. E questo si può fare in tanti modi, sia costruendo materialmente cose che servono a rendere la vita degli altri più felice, piacevole e sana, sia assistendo le persone che hanno bisogno di un aiuto, ma anche di una voce amica, sia studiando il mondo e cercando di rivelare le sue leggi, in modo da fornire strumenti più efficaci a coloro che vogliono operare per il benessere di tutti.
Purtroppo è anche possibile lavorare facendo del male, all’ambiente, alle altre persone, ai colleghi che lavorano con te. Esiste quindi un grande aspetto etico nel lavoro, che con il crescere della complessità del mondo diventa sempre più importante imparare a discernere. Penso alla sicurezza sul lavoro, ma anche ai riflessi delle nuove capacità di elaborazione digitale che da un lato porteranno ad un grande cambiamento nei tipi di lavori disponibili, dall’altro possono introdurre sottili condizionamenti nell’opinione pubblica e nella conoscenza: una vera minaccia alla democrazia, che si basa sulla capacità di chi vota di attingere ad informazioni non alterate ad arte.
Invece la relazione personale, la comunità di persone che si crea lavorando insieme sono il miglior antidoto alla spersonalizzazione e all’individualismo che rischia di farci sentire tutti più soli.
Gian Piero Carzino, coordinatore dell’Ufficio Diocesano di Genova per la pastorale sociale, il lavoro e la custodia del creato.
IL COMMENTO
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