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Sono un cattolico, quindi non favorirei mai l’aborto. E neppure sono incline al divorzio. Tuttavia, credo fermamente che entrambi siano diritti sui quali una comunità, quindi ogni suo singolo componente, debba poter contare.

Dico ciò perché sembra proprio che in Liguria ci si stia avvicinando ad una legge sul fine vita. Ecco, questo sarebbe un altro diritto. A freddo, da cattolico dico che certo mai mi arrogherei il potere di chiudere l’esistenza di un essere umano. Ovviamente e primariamente me compreso. Ma una cosa è disquisire a tavolino, altro vivere le indicibili sofferenze di chi è colpito da una patologia senza via d‘uscita. Con onestà intellettuale: siamo certi che pure un cattolico come me non ricorrerebbe al suicidio assistito? Non so rispondere. Posso solo sperare: Dio non voglia che debba trovarmi in una situazione del genere.

Dicevo che pure una fine dignitosa dovrebbe essere un diritto. Cioè la penso esattamente come la Corte Costituzionale, una cui sentenza stabilisce che chi lo voglia deve avere consentita la possibilità del suicidio assistito.

Su questo stesso sito ho letto il calvario di Laura Santi (LEGGI QUI), 49 anni, che vive a Perugia ma da sempre è legatissima a Genova, affetta da una forma di sclerosi multipla avanzatissima da 27 anni. Ho saputo così della sua giornata infernale per via una condizione che lei stessa definisce insormontabile: “La ricerca fa passi da gigante, ma li fa per chi si affaccia alla malattia, non per casi come il mio”. E ho letto il suo appello allo Stato e/o alle Regioni affinché facciano una legge. Anche alla Regione Liguria.

Ecco, qualcosa qui può succedere. C’è una proposta sulla quale si è cominciato a ragionare. Per una volta sembra che gli steccati e le divisioni politiche possano essere superati, quindi deliberatamente non scrivo quali partiti abbiano presentato l’ipotesi legislativa e come gli altri si stiano avvicinando alla questione.

C’è molto tormento, non v’è dubbio. Se dipendesse da me ci metterei veramente un attimo a varare il provvedimento. Però capisco e rispetto chi ha dei dubbi, anche di natura etica. Al momento mi pare che nessuno voglia lucrare politicamente sull’argomento. Mi auguro che le cose restino tali.

Tuttavia, sommessamente continuo a osservare che anche il suicidio assistito, come l’aborto e il divorzio, è semplicemente un diritto, che uno Stato, anche attraverso sue emanazioni come le Regioni, deve mettere a disposizione. Poi sta a ogni cittadino, nella sua piena e totale libertà, usufruire o meno di quel diritto. Lo ripeto instancabilmente, perché questo penso sia il vero punto di discrimine. Di sicuro non vorrei più leggere parole come quelle di Laura: “Così è una tortura”. Bastano le malattie.

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