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GENOVA - Pochi giorni fa il direttore di Primocanale, Matteo Cantile, ha intervistato Alfredo Maiolese, presidente della Lega dei Musulmani europei, che ha raccontato la vita (parola grossa ahimé) a Gaza, sotto la pioggia incessante di bombe. Soprattutto la vita dei bambini. Nell’emergenza, in quel che resta degli ospedali distrutti, racconta Maiolese "amputano le gambe ai bambini di dodici, tredici anni, da svegli…". Atrocità della guerra.

Pochi giorni fa ero in Val Varenna, ai Tre Ponti, nella sede del circolo locale del Pd, guidato brillantemente da una giovane e vivace segretaria, Anna Laura Ghigliotti. (Ecco chi devono essere i futuri dirigenti della sinistra genovese ….).

Fuori dalla sede, sulla facciata della palazzina c’è una lapide in marmo. La leggo e mi vengono i brividi.

"In ricordo delle vittime innocenti del bombardamento aereo dell’11 marzo 1944". Quindi esattamente ottant’anni fa.

Poi l’elenco delle "vittime innocenti", nomi e cognomi di donne e uomini. E di bambini. Vicino ai nomi, la loro età.

"Bottaro Angelo, anni 42, Bruzzone Rosa Maria, anni 37, Bottaro Giambattista, anni 9, Bottaro Lorenzo Carlo, anni 1". Sì ho letto bene: anni 7 e anni 1!.

Proseguo. Tocca alla famiglia Parodi. "Parodi Antonio, anni 43, Gestro Maddalena, anni 42, Parodi Maria Cecilia, anni 20, Parodi Giuseppe, anni 15, Parodi Benedetta Anna, anni 11, Parodi Rosa, anni 7". Papà e mamma quarantenni, poi forse una figlia di vent’anni e tre piccini di 15, 11 e 7 anni, la piccola Rosa.

Le bombe che hanno distrutto la casa sul torrente Varenna non hanno finito il loro lavoro mortale. Ora tocca ai Ferrando.

Qui c’è una nonna Angela Canepa di 65 anni. Poi figli e nipoti. "Ferrando Maria Teresa, anni 42, Ferrando Andrea anni 20, Ferrando Giuseppe, anni 18". E ancora: "Piombo Pietro Giovanni, anni 15, Configliacco Bausano Martino, anni 43".

La lapide è stata posta nel marzo del 2014 dal sindaco di allora, Marco Doria. Leggo le cronache.

"11 marzo del 1944, durante un bombardamento che aveva l’intenzione di distruggere un presidio tedesco poco distante, un palazzo in località Tre Ponti, nell’entroterra di Pegli, venne distrutto e morirono in quell’occasione sedici persone.

Oggi, una targa in marmo ricorda quella tragedia, mentre l’edificio è stato ricostruito con la ferma e solidissima volontà da parte degli abitanti della val Varenna. Negli anni ha ospitato varie realtà associative, e attualmente ospita l’Arci al piano terra e, nella parte di destra rispetto all’ingresso, è tornato a ospitare, da qualche settimana, la sede del Circolo pegliese del Partito Democratico".

11 marzo 1944. Erano circa le 21.30 quando nel cielo del ponente genovese compare quel Piper tristemente famigliare ai genovesi, chiamato "Pipetto", non certo per affetto. Il velivolo sgancia tre bombe sulle case di via Pola, forse per l’imprudenza di un abitante che aveva acceso una luce nonostante il coprifuoco. L’intenzione del pilota era quella di colpire un presidio tedesco che si era installato poco più sotto, in località Tre Ponti, nell’edificio in precedenza occupato dalla scuola.

Penso a Gaza oggi, le notti, le bombe, i bambini che a quell’ora dovrebbero giocare o dormire o guardare un cartone alla tv, in fuga con i genitori e i nonni.

Qui ai Tre Ponti di via Pola l’11 marzo del ’44 le bombe colpiscono una casa di tre piani, mentre una terza bomba resta inesplosa e verrà fatta brillare dopo qualche giorno.

Quelle bombe di marzo cancellano in pochi minuti anche tre famiglie, con una nonna di 65 anni e i bambini, uno di un anno, Lorenzo Carlo.

Rileggo le parole del sindaco Doria. Valgono anche oggi, purtroppo.

"Genova fu bombardata immediatamente dopo l'entrata in guerra dell'Italia imposta dal regime fascista. Quello del Varenna fu uno dei tragici bombardamenti che si abbatterono sulla città. La popolazione era stata lasciata completamente esposta alle bombe. Ci fu una distanza drammatica tra i roboanti proclami di un regime e di un dittatore che avevano fatto della guerra un'ideologia e l’ estrema vulnerabilità in cui venne invece abbandonato il Paese.

Il secondo motivo di riflessione riguarda le guerre del Novecento, a partire dal secondo conflitto mondiale fino alle più recenti in Serbia, Bosnia, Iraq, Afghanistan.

In tutti questi conflitti a pagare il prezzo più pesante di vite umane è stata ed è la popolazione civile. Nella terribile spirale di violenza della seconda guerra mondiale nessuno si sottrasse ad una logica di distruzione, neppure gli Alleati che contribuirono alla liberazione dal nazismo. Oggi - ha osservato il sindaco - si usano addirittura termini ipocriti per coprire realtà di terribile violenza: si parla di missili intelligenti e di effetti collaterali per le stragi di civili.

Altro motivo di riflessione riguarda il presente: può esserci casualità nel fatto che una bomba esploda oppure rimanga inesplosa, ma non è casualità scegliere la guerra e sganciare quella bomba. Si tratta di una scelta e la scelta di oggi deve essere quella di attenersi al dettato fondamentale fissato nella nostra Costituzione che recita "l'Italia ripudia la guerra".

Quel giorno intervenne anche il cardinale Bagnasco.

Una memoria riemersa, disse ricordando i sedici morti del ’44, "deve essere così monito per il futuro aiutando la comunità a ritrovare la voglia e la speranza di futuro, pur nelle attuali condizioni che certo sono difficili, ma non più difficili di quelle del dopoguerra".

Ecco le parole di dieci anni fa, 2014, qui in via Pola, Pegli, val Varenna, davanti a una lapide di marmo, su una casa di tre piani dove oggi anziani e giovani stanno facendo una loro ricostruzione storica senza dimenticare, anzi , le bombe e i bambini delle guerre.

La storia è sempre la stessa, oggi nel 2024 a Gaza o in Ucraina e allora nel 1944 in val Varenna, dietro Pegli. Stessa storia e stesse vittime. Ma è mai possibile che l’uomo sia così stupido?