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Il Covid? Cancellato. La pandemia, che dal febbraio 2020 aveva terrorizzato l’umanità intera, facendo pensare perfino a una estinzione, che ci ha chiuso in casa come neppure le guerre, stravolto i contatti umani, inoltrato la pratica “a distanza”, annichilito la generazione più giovane sdraiata sul divano, oggi è come se non ci fosse stata. Il vaccino dei miracoli ci ha salvato, ma adesso non ci interessa più neppure se dobbiamo fare la prossima dose e neppure che un’altra pandemia potrebbe arrivare.

Solo qualche mascherina, che compare tra la folla, ci ricorda per un secondo quello che è stato.

Eppure il virus continua a girare, ogni tanto arriva qualche notizia drammatica da parenti o amici, ma è come se si parlasse di un raffreddore o di altro da quello che abbiamo passato. Abbiamo rimosso. La sanità è uscita peggio di come era entrata in quel tunnel di morte e sofferenza. Altro che “usciremo migliori”: oggi gli ospedali si svuotano di medici e infermieri e l’enormità di quel sacrificio professionale e umano è sostituita dalla grande fuga. Per non parlare della sanità sul territorio, smascherata nella pandemia e rimasta a quel punto, come se niente fosse stato.

E la guerra in Ucraina? Leggiamo improvvisamente che Putin, comparso come un fantasma al G20, dice che quella è una tragedia e dobbiamo porvi fine. La guerra sulla porta di casa, gli sconvolgimenti geopolitici scatenati da quella invasione, la resistenza di quel popolo, le distruzioni, le armi sguainate ovunque, la sfida nucleare, la minaccia dei missili a gittata intermedia, che temevamo sulle nostre teste: si è voltato pagina di colpo e dalla scena è scomparso Zelenski, che con la sua divisa ascetica girava per il mondo a chiedere aiuto e appariva ovunque, perfino al Festival di Sanremo, oggi si sente solo. Lo sconquasso continua, migliaia di bambini ucraini rapiti e “insediati” nelle famiglie russe sono inghiottiti in silenzio dal vortice della guerra, decine di migliaia di croci per soldati per lo più giovani andati a morire senza neppure sapere per cosa combattevano dalla ex grande madre Russia e altrettanti, o forse di più, ucraini soldati e civili, mamme, bambini, anziani, uccisi perché difendevano la loro terra o perché semplicemente ci vivevano.

Non fanno più notizia anche se continuano a combattere e adesso arriva il terzo inverno di guerra, il gelo delle trincee, le città distrutte, chi cerca di tornare a casa dai rifugi e trova le macerie. E i fabbricanti di armi ingrassano sempre di più.

Dal 7 ottobre dell’attacco di Hamas in Israele quella guerra in mezzo all’Europa è mezza desaparecida, ma anche questa ultima tragedia con il suo carico di dolore, distruzione e morte, sulle sponde del nostro mare, nella Terra Santa di Gesù e del suo Vangelo di pace, è avviata a quella progressiva cancellazione. Resiste solo perché ci sono le trattative di liberazione degli ostaggi, mentre i generali, preparano le loro mosse e il dramma continua. E continuerà: il Dio dei cristiani, dei mussulmani e degli ebrei non impedisce che quel sangue spesso innocente si sparga. Le tre religioni del nostro mare, della nostra genesi, della nostra Storia, giunta al terzo Millennio.

Il Medio Oriente è sempre più “a parte”, come lo è stato a intervalli tra uno strappo e l’altro, dal 1948 al 1966 della guerra del Kippur, tra accordi finti, paci invocate, soluzioni impossibili, mediatori smentiti dalla storia e buoni solo per le foto ricordo. Tra missili, bombe, kamikaze, in quella parte di mondo che brucia tra guerre e emigrazione disperata di un continente alle nostre porte, trafitto dalle armi, dalle carestie, dalle siccità, diventato il supermarket delle nuove potenze nel nuovo disegno geopolitico.

Tutto questo è troppo o è forse la terza guerra mondiale “a pezzi” che Francesco denuncia da tempo: la Siria insanguinata, senza che nessuno ne parli, solo i “grandi” nei loro conciliabili, le guerre africane che nessuno conosce in questo Occidente decadente. E’ troppo per angosciare le nostre vite, il nostro tran tran occidentale appunto in decadenza oramai inevitabile secondo tante profezie azzeccate. Come quella di Oswald Spengler, il filosofo tedesco che Piero Ottone, mio indimenticabile maestro, ci ricordava sempre perfino con una punta di ossessione.

E’ troppo osservare questo crollo che investe non solo i tempi della pace e della guerra, ma anche i ritmi biologici della nostra società secolarizzata o no, che si disfa a ondate progressive di violenza e di disvalori. Basta pensare alla violenza contro le donne, il tema di oggi, ma chissà se di domani, quando arriverà un’altra notizia-bomba. Tutto, infatti, viene superato subito nel nuovo sistema di comunicazione dalla successiva tragedia, sia quella di Giulia e del suo fidanzato carnefice vigliacco, sia un’altra emergenza che si impone improvvisamente.

Il nuovo ritmo mediatico ci impone la rapida sostituzione di una tragedia con l’altra e sarà giusto così e non ci possiamo fare nulla, perché questo si vuole oggi, anche se, tra guerre e pandemie e disastri climatici, ci sembra che la Storia abbia scavalcato quasi improvvisamente il ritmo del nostro tempo e qualcosa ci sia sfuggito, travolgendo una sicurezza globale, assetti apparentemente statici e corra, corra. Dove si fermerà?