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Matteo Salvini contro Maurizio Landini. E viceversa. In questi giorni, passando anche attraverso le polemiche di uno sciopero generale, il ministro delle Infrastrutture, nonché segretario della Lega, e il leader della Cgil hanno catalizzato l’attenzione di tutta l’informazione. Salvini è anche diventato, una volta di più, l’alternativa alla premier Giorgia Meloni. Landini, invece, è sembrato coagulare meglio le falangi di sinistra, che invece dovrebbero stravedere per Elly Schlein (soprattutto) e il grillino (o forse sarebbe più esatto dire post grillino) Giuseppe Conte.

Ho letto, ascoltato e cercato di farmi una opinione. E sempre mi sono domandato: in tutto questo, la Cisl è sparita? Nominalmente sì. Intendo dire che se qualcuno si fosse atteso da Luigi Sbarra, il segretario cislino, parole di fuoco o gesti clamorosi per riprendersi la scena è rimasto deluso. È avvenuto, cioè, esattamente quanto ci si doveva aspettare.

Abbiamo avuto, di conseguenza, la plastica dimostrazione della vera differenza tra la Cgil e la Cisl: da una parte un sindacato che da sempre costituisce una cinghia di trasmissione con il Pd, dall’altra una sigla che fa dell’autonomia la propria bandiera. Sia chiaro, non c’è da scandalizzarsi né per l’una cosa né per l’altra. Semplicemente, è un modo diverso di interpretare il ruolo sindacale.

La Cgil è più politica, quindi non si ferma alla rilevazione dei problemi e delle risposte del governo di turno, ma imposta anche una battaglia ideologica: non ama l’esecutivo di destra-centro e non lo nasconde. A volte trincerandosi dietro gli argomenti, a volte semplicemente declinando il proprio atteggiamento negativo.

La Cisl, al contrario, è più dialogante, cerca di vedere il lato buono dei provvedimenti e prende cappello solo quando non riesce a trovare lo spazio per una trattativa. Del resto, se nella vecchia catalogazione, in realtà ancora attuale, la Cgil è stata indicata come “sindacato rosso” e la Cisl come “sindacato bianco” qualche ragione deve pur esserci. 

In questa diversità di opinioni ci sta anche una interpretazione differente dello sciopero. La Cgil lo vede come un’arma da imbracciare appena possibile (a costo di penalizzare gli “altri” cittadini e con l’ausilio della Uil, che tuttavia resta ai margini), mentre la Cisl ne ha una concezione più ortodossa: va usato come estrema ratio, quando proprio non se ne può fare a meno.

Va da sé che nella fase attuale il governo propende più per la Cisl che non per la Cgil. Però deve avere una accortezza di fondo: le ragioni del lavoro invocate dal sindacato guidato da Luigi Sbarra non sempre sono così divergenti da quelle di Landini e compagni. Si differenziano certamente sugli strumenti da utilizzare per centrare gli obiettivi, però molti di essi restano comuni. Ecco perché, in realtà, la Cisl non è così isolata, come una certa narrazione vorrebbe.

Di più. La Cgil di Landini non sta provocando guasti ragguardevoli, perché è ritenuta un avversario “a prescindere” di questo esecutivo: da essa praticamente nessuno si attenderebbe un comportamento diverso. E allora il “sindacato bianco” si ritrova con un vantaggio: non urla sempre “al lupo, al lupo”, ma il giorno in cui dovesse farlo per il governo sarebbero guai seri.