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In questi giorni, ma forse sarebbe più corretto dire in queste ore, è riemersa puntuale come il caldo opprimente la polemica sul turismo. Questa volta non va bene che siano soprattutto gli stranieri a trainare il settore. Anzi, va benissimo, ma si eccepisce sul fatto che anche in Liguria manchino gli italiani: tutta colpa del caroprezzi, dell’inflazione che vola, dei mutui impagabili perché troppo esosi, dei carburanti alle stelle e via elencando. E, soprattutto, a sentire l’opposizione parlamentare, di un governo che non sa quali pesci prendere.

Confesso che da cittadino mi sento un po' preso in giro. Prima ragione: chi oggi picchia sulla grancassa della propaganda è esattamente chi stava al governo, in passato, e non ha fatto nulla per i problemi del momento. Che erano più o meno gli stessi, soprattutto se parliamo, ad esempio, di buste paga troppo striminzite per potersi permettere anche solo una pizza. Figuriamoci una vacanza. In quei momenti era chi stava all’opposizione, e oggi sta al governo, a far risuonare il tam tam della propaganda. E allora, di grazia. potremmo provare ad affrontare i problemi facendoci almeno venia di tutto ciò che ha l’acre sapore dello spot politico?

Seconda ragione. Mi occupo professionalmente di turismo ormai da decenni e posso garantire che non c’è nulla di più ciclico di un settore del genere. È vero che la Liguria non deve essere monotematica dal punto di vista economico, perché la varietà delle imprese è la migliore garanzia proprio della tenuta. Quando non va bene il turismo di solito tiene l’industria e se tutti e due i comparti battono la fiacca magari è un certo tipo di terziario a tenere a galla l’economia della regione. Tanto per dire: era esattamente questo gioco di chiaroscuri tra il civile e il militare a fare di Leonardo, quando si chiamava Finmeccanica, uno dei campioni mondiali di quel settore. Lo dico per cercare di farmi capire, non per nostalgia di un mondo che non c’è più (almeno per come lo abbiamo conosciuto).

L’incedere oscillatorio delle presenze turistiche italiane e di quelle straniere è una assoluta normalità. I dati rispondono a regole variabili, che dipendono principalmente (ma non dimentichiamo certi giochetti dei grandi broker delle vacanze, magari interessati a spingere più una meta che un’altra) dalla congiuntura economica dell’Italia, dell’Europa e del resto del mondo. In particolare Stati Uniti, Cina e Giappone, Paesi dai quali proviene molta parte dei villeggianti che sorreggono, in questa fase, il settore. Tutto il resto è fuffa. Meglio: polemica strumentale e propagandistica, alla quale si affidano a turno gli schieramenti della politica italiana e regionale. E’ come per l’andamento dei dati turistici: non c’è niente di nuovo.