Ci vorranno dieci-venti anni per fare (se si faranno) le grandi opere. Il Terzo Valico, nessuno ha il coraggio di dirlo, ma accumulerà ancora ritardo perché la percentuale di amianto trovata è molto superiore al 5 per cento previsto, sfiora il 25 per cento. Bisognerà lavorare di più per “purificare”. E poi quella talpa insabbiata, che fine ha fatto? Quella della mitica barzelletta dei carabinieri che si vantavano di avere eliminato la talpa vera insabbiandola? Magari.
E il quadruplicamento che realizzerà il percorso, come era stato concepito nel lontano 1988, quando fondarono CIV e COCIV? Della gronda si sta finalmente svelando la verità che non poteva non venire a galla. Stiamo pagandola con i pedaggi in tutta Italia, ma non c’è nulla di certo dal percorso al reale inizio dei lavori. E poi siamo sicuri che a questo punto serva come è stata disegnata e financo dibattuta al tempo di Marta Vincenzi? Non citiamo la diga e il tunnel subportuale perché meritano capitoli e dubbi a parte. Resta che saremo sommersi dai cantieri per anni e anni e non oso pensare all’eventuale smontaggio della Sopraelevata, che sconvolgerebbe la città ben più della sua costruzione, nel 1963-1965, quando erano tanto bravi che fecero presto, prestissimo e bene.
Sorgerà un bel problema che questo sindaco e soprattutto il suo successore dovranno affrontare: far funzionare la città “supercantierata”, metabolizzare un flusso turistico che sicuramente aumenterà, nel processo di overturisticizzazione che sta travolgendo quasi tutta l’Italia, ancorchè facendo leccare i baffi ai settori dei nostri servizi di accoglienza. Come bilanciare i grandi disagi con una accoglienza decente e un po’ più moderna di quella che è oggi a Genova e in Liguria? Va bene che c’è chi pensa che il nostro sindaco si dedica più ai turisti che ai cittadini, come il mio amico Stefano Fera in una provocatoria intervista a “Repubblica”, ma il problema è evidente.
E non basta la chicca regalata a Genova dal marchese Giacomo Cattaneo Adorno e dalla sua molto creativa e intelligente moglie-architetta, Emanuela che hanno costruito un super hotel a cinque stelle in via del Campo, sfidando il territorio e il futuro. Ci vorrà ben altro mentre i cantieri corrono, la città si impolvera e circolare diventerà una chimera, prima degli skytram, delle funivie, delle seggiovie, delle ovovie. I segnali non sono positivi. Il centro è ancora una landa abbandonata, il cantiere di Corvetto bloccato, ma ancora in piedi, almeno fino a quando le decine di turisti che attraversano all’avventura la piazza dalla parte chiusa non incorreranno in qualche incidente che porrà il problema seriamente. Attraversare la piazza-ombelico nei giorni di Caronte non è stato un bel regalo per i genovesi superstiti, che tentavano il lungo percorso, inutilmente obbligatorio. Piccapietra è sempre un “cesso” con le vetrate della ex Rinascente spaccate, come in qualche quartiere periferico di Kiev e i piani bassi desolatamente abbandonati e il retro degli uffici Costa il solito ricovero di senza tetto, oggi anche più legittimamente aggressivi perché stazionare lì a 35 gradi e l’80 per cento di umidità è come stare in un forno a chiedere l’elemosina.
Il Tar ha bloccato il taglio dei 60 pini secolari di corso Andrea Podestà e aspettando Godot, cioè la decisioni giudiziarie e amministrative successive verranno l’autunno e l’inverno. Acquasola e Villetta di Negro si accendono a sprazzi, ma sono le grandi incompiute di un centro che ha un problema chiave. Come animarlo e spingere a restaurarlo e migliorarlo riuscendo a sfondare la famosa “barriera di De Ferrari”? La maggior parte dei turisti che salgono dal porto Antico si fermano sul Palazzo Ducale e immediati dintorni. Un altro flusso arriva a percorrere via Garibaldi, la bellezza delle bellezze, Fontane Marose e via XXV Aprile, ma non scende via XX Settembre e non gira per Piccapietra. D’altra parte che cosa ci andrebbe a fare? Quando il Waterfront di Levante sarà pronto con i suoi canali e le darsene e le piste pedonali e ciclabili, come ci si arriverà da sopra? Bel tema per gli assessori alla Mobilità e per i loro colleghi che curano la città.
IL COMMENTO
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