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Guardassero un po’ sottoterra nel ricchissimo e sorprendente, ma neanche troppo, subsuolo della nostra amata Superba. Eviterebbero così figuracce come l’ultima di Piazza Corvetto, dove ora il potente cantiere del Terzo Valico (galleria di sfiato) va a cozzare contro un nobile muro cinquecentesco, le cui vestigia erano piazzate proprio lì e, ohibò, sono improvvisamente state scoperte. Quindi stop al cantiere, che bloccava da due mesi con grandi disagi mezza piazza Corvetto, sotto l’occhio corrucciato di Giuseppe Mazzini e quello sfuggente del cavalcante Vittorio Emanuele II.

Stop al taglio degli alberi, che ornavano l’aiuola soprastante lo storico tesoro. Il sottopasso di Corvetto verrà forse riaperto o forse no, come sostiene Rfi, e magari nessun pedone rischierà la vita, cercando di attraversare la strada all’imboccatura della galleria, che porta diritta all’altra trappola di piazza Portello, dove un altro cantiere “giace” da anni nel cuore della città, in attesa che venga conclusa la costffruzione di riservatissimi box per le auto dei nobili residenti di via Garibaldi e di Piazza Fontane Marose, che, per altro, hanno già incrociato, tra principi e marchesi, una, si fa per dire, nobile contesa. Sovrastati dagli anatemi di Vittorio Sgarbi, cui non piace il “cubotto” costruito in piena piazza.

Guardassero sotto terra a Genova, prima di lanciare grandi opere, delicate operazioni urbanistiche. Come è accaduto nel luogo più ombelicale di tutti, la Loggia delle Compere di piazza Banchi, che doveva diventare il Museo della città, poi hanno scoperto anche lì nel suo sottosuolo vestigia antichissime, meritevoli di essere non solo salvate ma messe a disposizione del pubblico, dei genovesi che scoprono la loro storia profonda e dei turisti.

E allora stop al progetto iniziale e via alla salvaguardia di quei pezzi di storia. Intanto aspettiamo che quella Loggia dei Mercanti, celebre anche perché Gilberto Govi, in una delle sue macchiette più conosciute, andava a sedersi lì di fronte a “prendere due raggi”, finalmente diventi qualcosa di definitivo, un museo a cielo aperto, un punto di accoglienza per il turismo, il tanto atteso ( e conteso) Museo della città, dove accogliere in maniera “stratificata” la storia della Repubblica dalle sue fondamenta a oggi.

Mi auguro che il mio amico, don Marco Granara, gran prete genovese, Rettore del Santuario della Guardia, trasferito nella chiesa di San Pietro in Banchi, di fianco alla Loggia, impartisca una bella benedizione, che “sblocchi” tutto con l’acqua santa.

Guardassero sottoterra nelle viscere del catafalco più grande che abbiamo a Genova, l’ Hennebique, il silos granario che doveva diventare tutto e il contrario di tutto, nel cuore del porto, dietro al Museo del mare e scoprissero che c’è un rio, il rio Carbonara, che minaccia le sue fondamenta. E lo facessero, anzi lo avessero fatto al tempo giusto, prima di lanciare il Grande Recupero di quella specie di monumento al primo cemento armato di Genova, affidando appalti e ricostruzioni e grandi idee di uffici, posteggi, superalberghi, dèpandance della Stazione Marittima.

Tutto fermo. E cadente.

Qui nessuno stop al cantiere che non è praticamente mai cominciato. Il cadavere dell’ Hennebique giace lì, in mezzo alle banchine, in attesa che qualcosa si sblocchi, in attesa da decenni di una soluzione. Magari avessero deciso di raderlo al suolo, aprendo un fronte mare inedito e preziosissimo, lasciando sfogare anche il maledetto rio Carbonara.

Genova ha fior di archeologi, storici, grandi professori Universitari, che conoscono bene la storia stratificata e che hanno scritto libri, volumi, spesso elegantemente finanziati e pagati, dove si raccontano le “ere” della Superba e compulsando i quali non sarebbe difficile scoprire cosa c’è di sotto. Non si fa, non si studia, non si chiedono pareri e si progetta e si aprono cantieri che poi si chiudono o si cambiano le scelte precedenti.

L’ultimo caso, quello più piccolo di Corvetto, è addirittura clamoroso per la tempistica perché proprio sopra ai suoi sbarramenti è stato, negli anni scorsi, costruito un silos che ha avuto i suoi problemi, perché anche lì trovarono preziose mura. Credevano che quella antica fortificazione venti metri più sotto fosse sprofondata nel nulla? Ha ragione Mazzini lì sopra ad avere quell’aria corrucciata.

PS Ma non è che l’assenza di un assessore alla Cultura, sia in Comune che in Regione, ci azzecca qualcosa con questi errori?