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La moneta cattiva scaccia quella buona, le belle bugie ossidano ogni verità; e così è scattata una tempestiva campagna social e mediatica di delegittimazione dei probabili acquirenti della Sampdoria, i primi e i più determinati, se non i soli, a essersi mossi nel concreto con i referenti di legge.

In primo luogo, si sono sparse illazioni - rigorosamente senza riscontro alcuno - su una presunta alternativa mediorientale, che naturalmente sarebbe migliore in ogni dettaglio. Sarebbe più ricca, anzi molto più ricca; non sarebbe biecamente speculativa, ma concentrata sull'aspetto agonistico e determinata a vincere ogni anno il mondiale per club o quasi; farebbe infine piazza pulita di tutto il presepio romano, dal bue all’asinello ai pastori fino ai re magi con oro incenso e - dixit Fornaciari - birra; porterebbe infine l’amatissimo Vialli come presidente.

Chi, di fronte a un simile scenario, non agognerebbe i mediorientali? Difatti la piazza sta già esprimendo preferenza per qualcosa che non c'è e quindi storcendo il naso verso gli yankee che invece ci sono eccome. E ridarebbero un futuro decente a quasi 76 anni di storia.

In seconda battuta, si esprime ribrezzo moralistico verso le operazioni immobiliari e imprenditoriali che farebbero parte dell'iniziativa Cerberus-Redstone, intimando ai futuri compratori di non pensare a nulla di diverso dal rendere la squadra com'era una volta, tra le prime d’Europa anzi del mondo. Cioè un diktat che non solo non è stato mai emesso nei confronti dell'attuale proprietario, ma nemmeno verso i suoi predecessori e danti causa che ben avrebbero potuto ma - legittimamente, per carità - non volevano. Dopo decenni in cui l’autoconsegna è stata “pensa a tifare e non occuparti di società”, adesso si digrignano i denti perfino sulla scelta del presidente, che dovrebbe essere “uno di noi” e non “uno di chi ci mette il grano”. Ah, lo sapete chi disse “Nessuno ha diritto di divertirsi coi miei soldi”? Un certo Paolo Mantovani.

Nemmeno sono arrivati e già si pretende un mecenatismo astorico e francescano. Come se negli ultimi anni non avessimo assistito sbigottiti a una gestione in cui le fortune agonistiche non erano obiettivo primario, ma una conseguenza secondaria, del tutto eventuale e legata al caso, di altri fini prioritari. Una gestione nei cui confronti, a prezzo di querele e quasi ogni altro deterrente disincentivante, noi di Primocanale siamo stati tra i pochi sempre all’opposizione.

Perché tutta questa disinformazione? Perché tutti questi depistaggi? Perché sbandierare l'ologramma disneyano, anzi da Caravan Petrol del duo Carosone-Di Giacomo, di un compratore "più migliore" inesistente? Perché seminare dubbi di ogni genere su chi davvero è sul punto di mettere a segno l’acquisto, ridando dignità e prospettive alla Vecchia Ragazza del ‘46?

Mai vista tanta diffidenza a prescindere, nemmeno nei confronti di chi il 12 giugno 2014 era uscito dal cilindro coi suoi modi disarmanti e soprattutto patteggiava una bancarotta fraudolenta nelle stesse ore in cui gli veniva regalata la società.

Tutto questo non so perché venga fatto, ma ha un solo effetto concreto: preparare il terreno al remake dell'autunno 2019.

Tre anni fa, i "fondi sfondati" e gli "americani squattrinati e speculatori che avevano intortato un ex calciatore che in campo era stato bravo ma in vita sua non aveva mai amministrato niente" erano stati costretti alla ritirata, dopo essere stati accolti più che tiepidamente dalla piazza e indotti a lasciar perdere forse anche per questo motivo. "Volevano spendere poco", ve lo ricordate il ritornello? Già, invece chi aveva respinto il loro assalto aveva e avrebbe investito una fortuna! E “il signor Vialli”? Non era venuto “coi soldi in bocca”, affar suo.

Tutto questo, ripeto, non so perché venga fatto. Ma so come finirebbe, nella testa di chi ha predisposto questa evidente strategia: alla fine meglio tenersi il certo per l'incerto, il calcio ormai è questo e i presidenti sono tutti così, in fondo in questo paese chi non ha un processo?, guardiamo ai risultati e alle "iniziative immobiliari" (queste invece sono buone, pazienza se intraprese a debito e quindi in un modo in cui sarebbero stati buoni tutti), insomma il famoso "come gestione non puoi dirgli niente” che per anni è stato lo stemma del conformismo servile di chi si allinea sempre - per cupidigia di servilismo, disse Vittorio Emanuele Orlando a De Gasperi dopo il trattato di pace, e non avrebbe mai visto Osimo! - al potente di turno.

Peccato, per loro, che stavolta il finale sarà diverso.