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Il via libera da parte del Mise alla proroga fino al 31 maggio 2024 del contratto di investimento tra Ilva in As, ArcelorMittal e Invitalia arriva proprio nel giorno della decisione della Corte d'assise di Taranto di rigettare l'istanza di dissequestro degli impianti dell'area a caldo, ovvero una delle clausole sospensive dell'accordo. Era tutto atteso e previsto. Quello che doveva accadere entro maggio, ovvero il passaggio in maggioranza dello Stato, tramite la società del Mef, con il versamento di 680 milioni e l'acquisizione del 60% delle quote, viene spostato in avanti di due anni.

Nello studio milanese del notaio Marchetti gli azionisti di Acciaierie d'Italia Holding, il gruppo ArcelorMittal e Invitalia, hanno firmato la proroga dell'accordo di investimento e patto parasociale che conferma l'assetto proprietario e di governance con Franco Bernabè presidente del Cda e Lucia Morselli Ad.

Invitalia ha spiegato in una nota che la proroga del contratto siglato il 10 dicembre 2020 si è "resa necessaria considerato il mancato avveramento delle condizioni sospensive da cui dipende la realizzazione del secondo aumento di capitale previsto, nonché per consentire la continuazione dell'affitto dei complessi aziendali di Ilva spa in Amministrazione straordinaria". Si aggiunge che "viene altresì confermato un ambizioso piano di investimenti ambientali e industriali per circa 1,7 miliardi di euro fino al 2026, per la progressiva decarbonizzazione della produzione e l'assorbimento dei 10.700 lavoratori impegnati negli stabilimenti del gruppo". Con tempismo perfetto è arrivata anche la decisione della Corte d'assise che dice 'no' al dissequestro degli impianti. Per Morselli quella del contratto di investimento "è una proroga importante, perché abbiamo tempo di terminare il piano ambientale e di impostare i prossimi investimenti. Io ricordo cos'era l'azienda due anni fa, adesso è un'azienda autonoma, in utile, in due anni si possono fare grandissime cose". La manager ha poi confermato gli obiettivi per il 2022 di 5,7 milioni di tonnellate di acciaio prodotto. "Ci sono - ha precisato - dei finanziamenti già deliberati, con copertura Sace, e di questo vorrei ringraziare i ministri dello Sviluppo economico e del Tesoro che sono stati grandissimi partner in questa operazione".

Preoccupazione viene invece espressa dai sindacati. Per il leader della Uilm Rocco Palombella, lo slittamento del 'closing' rappresenta "un altro macigno che si abbatte su questa vertenza. La proroga di due anni cosa significa? Cosa comporterà per i lavoratori? Pretendiamo di conoscere una volta per tutte le intenzioni reali di Giorgetti e del Governo e, per quanto ci riguarda, siamo pronti a mettere in campo tutte le iniziative necessarie per ottenere le risposte che attendiamo ormai da troppi anni". L'ex Ilva, ha commentato Michele De Palma, segretario generale della Fiom Cgil, "è una questione nazionale su cui è necessario che sia Draghi a garantire il confronto. È per tali ragioni che abbiamo convocato una riunione a Taranto il 15 giugno, insieme a Fim e Uilm e ai delegati di tutti gli stabilimenti del gruppo, per rilanciare l'iniziativa sindacale".

"Riteniamo paradossale la proroga di due anni dell'accordo tra Invitalia e ArcelorMittal. Si prende tempo quando invece bisognerebbe correre: in questo momento la domanda d'acciaio è in forte ascesa, ma lavorando al 50% un rilancio vero della siderurgia non lo vedremo mai". Lo afferma in una nota Christian Venzano, segretario generale Fim Cisl Liguria. "Bisogna aumentare la produzione e tagliare la cassa integrazione, invece abbiamo saputo addirittura che nelle prossime ore gli impianti nevralgici saranno fermati e aumenterà ulteriormente l'utilizzo della cassa. Tutto ciò senza concertazione con i sindacati. Questa condizione è inaccettabile, il rilancio della siderurgia deve passare da un cambiamento delle relazioni industriali e da una presa di posizione forte del Governo".