Del futuro dell'ex Ilva di Cornigliano si è parlato ieri sera al "Programma Politico di Primocanale". In studio anche il presidente di Confindustria Genova Fabrizio Ferrari preoccupato per la situazione ma convinto che si possa fare qualcosa per salvare i posti di lavoro soprattutto liberando le aree da destinare ad altre attività.
Presidente Ferrari, qual è la sua valutazione sulla situazione attuale?
"Purtroppo il piano nazionale al momento è praticamente inesistente o comunque non praticabile. Taranto non può essere vincolo per l’occupazione nostra e delle nostre attività, quindi credo che sia giunto il momento di fare un piano industriale serio che riguardi il Nord e capire se effettivamente approvvigionandosi da altre parti se riesca a mantenere una produzione di banda stagnata e di zincatura che stia sul mercato. Un piano industriale di questo tipo forse potrebbe interessare anche alcuni privati. Ma la priorità è quella di liberare le aree".
Cosa significherebbe, in concreto, liberare le aree industriali di Cornigliano?
"Significherebbe creare le condizioni per attrarre nuove attività manifatturiere, diversificare rispetto all'attuale modello produttivo e valorizzare aree estremamente strategiche e pregiate, con accesso diretto al mare, fondamentali per la città. Negli anni passati abbiamo visto che iniziative come quella di Ansaldo Energia hanno evitato la perdita di posti di lavoro e portato innovazione. Oggi ho presentato in consiglio generale di Confindustria un documento del 2016 su uno studio fatto da noi sul potenziale delle aree industriali e sull'occupazione possibile se si riuscisse a liberare e riqualificare gli spazi di Cornigliano. Eravamo riusciti a trovare sostanzialmente 17 proposte di interesse di cui sei nuove attività che venivano fuori Genova e undici di ricollocazione sul territorio di cui sei in ambito manifattura. E su questo che dobbiamo tornare tutti convinti e uniti".
Qual è, secondo lei, il nodo più difficile da risolvere?
"Lo stallo che si protrae da vent'anni senza soluzioni concrete è il problema principale. Si fa una gara, si presentano piani che però non sono ancora stati mostrati imponente e si continua ad aspettare. Adesso siamo a fine anno e i tempi sono stretti: attendere fino a marzo per poi capire ancora una volta che non esiste un piano sarebbe un suicidio. Occorre invece un confronto aperto per individuare un percorso concreto".
Lei ha parlato di un ragionamento più ampio tra Genova e Novi: come dovrebbe funzionare?
"Bisogna ragionare su scala territoriale. In Italia si produce e si consuma molta banda stagnata, ma la produzione è concentrata in pochi siti. Dovremmo valutare se conviene investire per ampliare la capacità di Genova, crearne una nuova a Novi o lavorare su una sinergia tra i due. Serve una visione strategica condivisa e pragmatica".
Quali saranno i prossimi passi di Confindustria Genova?
"Venerdì sarò ad Alessandria per confrontarmi con la locale Confindustria e parlare di Novi e poi andrò a Milano e Torino per raccogliere altre opinioni e valutazioni. L'obiettivo è costruire un dialogo forte e continuativo con tutti gli attori economici e istituzionali, per un piano industriale serio che possa essere utile al futuro di Genova e del territorio".
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