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La posizione dei sindacati il giorno dopo la decisione dell'esecutivo di interrompere il dialogo industriale con il socio privato franco-indiano. Ora si cerca la fuoriuscita senza contenzioso del gruppo Mittal da Acciaierie d'Italia
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GENOVA -  La rottura ormai è netta: il governo cerca la via per uscire dal legame che tiene ancorata Arcelor Mittal nella gestione dell'ex Ilva (oggi Acciaierie d'Italia). Dopo mesi di trattative con il colosso franco-indiano è chiaro che i privati non vogliono mettere un euro lasciando tutto l'onere alla parte pubblica Invitalia. Le dure parole del ministro del Made in Italy Adolfo Urso al Senato prima e ai sindacati hanno chiarito che non c'è più spazio per ulteriore trattative sul tema industriale (Leggi qui). Mittal di fatto è accusata dal governo di aver fatto i suoi interessi abbandonando l'ex Ilva in modo da tagliare fuori un forte concorrente, sul mercato siderurgico.

Ora tutto è passato nelle mani dei legali dei due soci (Arcelor Mittal e Invitalia) che sono al lavoro per trovare una soluzione consensuale che porti alla fuoriuscita di Mittal da Acciaierie d'Italia. Non si torna indietro, assicura il governo. All'orizzonte ci sono diverse ipotesi: l'amministrazione straordinaria. Oppure una possibile, temporanea, nazionalizzazione necessaria per avere il tempo di cercare, e trovare, un nuovo socio privato capace di gestire e dare nuovo slancio alla moribonda ex Ilva.

Armando Palombo della rsu Fiom Cgil è chiaro: "L'azionista privato Mittal ha confermato di non vuol più mettere un euro. Il governo ora farà i suoi passi. La settimana prossima abbiamo un altro incontro. Sicuramente da quando hanno costituito Acciaierie d'Italia nel 2020 i lavoratori ci hanno solo perso, in media circa 4 mila euro all'anno di premi. Abbiamo da recuperare il tempo perduto. Le soluzioni ora le deve trovare il governo, noi cosa non funzionava lo abbiamo detto da tempo con i documenti e le denunce sulla situazione che si vive negli stabilimenti. Il contenzioso creato dai governi deve essere risolto in tempi brevissimi" conclude Palombo.

Nicola Appice della rsu Fim Cisl commenta: "Finalmente il governo si è messo nell'ottica di cacciare questa multinazionale privata che ha fatto solo i propri interessi, sappiamo che la strada sarà lunga. Bisogna evitare di passare da contenziosi legali perché porterebbero a molti problemi soprattutto all'interno degli stabilimenti". Ora la preoccupazione riguarda soprattutto quello che potrà avvenire d'ora in avanti. "Sappiamo che i lavoratori diretti e le aziende dell'appalto non reggerebbero una nuova crisi, dobbiamo evitare che si vada incontro a situazioni di fallimento" conclude Appice.

Il coordinatore della Uilm Liguria Antonio Apa è soddisfatto della scelta del governo di chiudere il rapporto industriale con ArcelorMittal: "Finalmente il governo ha ammesso che Mittal sostanzialmente è fuori dalla gestione di Acciaierie d'Italia, un fatto che noi abbiamo sempre rivendicato. Mittal non ha mai avviato un piano industriale e ha fatto ricorso alla cassa integrazione. Se non ci sarà un accordo consensuale alla fuoriuscita auspichiamo che il governo proceda con una scelta unilaterale e che venga esclusa l'ipotesi di ricorrere all'amministrazione straordinaria perché ci sono le condizioni affinché il governo prenda la gestione in mano. Ora bisogna trovare un partner che possa rilanciare la siderurgia. Ci aspettiamo entro mercoledì una strada nuova anche per lo stabilimento di Genova lasciato in stato comatoso. Servono investimenti".

Nello stabilimento di Genova Cornigliano sono 1000 i lavoratori interessati dalla vertenza, a loro si aggiungono i 208 di Ilva in amministrazione straordinaria. Pochi mesi fa gli stessi sindacati genovesi, che da tempo chiedevano una svolta all'immobilismo portato avanti da Mittal, hanno detto di essere pronti, entro un anno, a rivedere l'accordo di programma del 2015 che riguarda le aree ex Ilva a patto di garantire l'occupazione dei lavoratori.

Da tempo sindacati e lavoratori denunciano da una parte la sottoproduzione dello stabilimento, che ha tra le sue peculiarità la produzione di latta e banda stagnata, e dall'altra la mancanza delle misure di sicurezza con una lunga serie di incidenti che si sono verificati a Cornigliano.

Sul tema ex Ilva è intervenuto anche il Pd Ligure: "È necessario che lo Stato assuma il controllo della società per garantire, sia gli investimenti indispensabili alla produzione e alla sicurezza dei lavoratori, sia un futuro al comparto siderurgico nazionale, per i lavoratori e per l'indotto del settore, oltre al necessario risanamento ambientale" con il Pd che chiede alla Regione Liguria "di farsi promotrice, con il Governo di ogni azione possibile, al fine di garantire una soluzione positiva a questa vicenda e tutelare gli interessi del lavoro, dello sviluppo sostenibile e della crescita economica della nostra regione in tutte le sedi".

Mentre il Movimento Cinque Stelle con il senatore Luca Pirondini e il consigliere comunale di Genova Fabio Ceraudo respingono al mittente l'attacco fatto dal ministro Urso in senato: "Il ministro Urso ha confermato l’incapacità dell’esecutivo di affrontare il nodo dell’ex Ilva. Anziché dare risposte certe non solo ai lavoratori ma anche e soprattutto alle istanze ambientali, sanitarie e industriali del paese, la destra preferisce continuare la narrazione mendace con cui si vuole addossare al M5s la responsabilità della crisi. La situazione di oggi è figlia della scelta, mai spiegata dalla coppia Renzi-Calenda, di assegnare lo stabilimento produttivo alla cordata con capofila ArcelorMittal, preferendola alla cordata composta dal Gruppo Arvedi con il sostegno finanziario di CDP e di Leonardo Del Vecchio, e con il sostegno industriale del Gruppo Jindal" si legge nella nota del M5s.