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Oggi in aula i tecnici di Spea, domani tocca il super ispettore del Ministero Migliorino, l'uomo dello stato che, seppur in ritardo, ha costretto Autostrade a dare priorità alla sicurezza rispetto al denaro
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GENOVA -"Le modalità di gestione del viadotto Polcevera sono perfettamente coerenti con la generale filosofia di gestione di Autostrade per l'Italia, il cui ispiratore è, ovviamente, il “forsennato accentratore” Castellucci".

Scrivono così i pubblici ministeri Terrile e Cotugno (a cui ora si è aggiunto Airoldi) nella memoria che ricostruisce la più annunciata delle tragedie: il crollo del viadotto Morandi. Una tragedia costata la vita a 43 persone e per cui sono alla sbarra 58 imputati fra cui i vertici di Autostrade per l'Italia, Spea e funzionari del provveditorato delle opere pubbliche.

Tutto ruota alla filosofia dei gestori: "Spendere il meno possibile per la manutenzione - scrivono ancora i magistrati -, in modo da aumentare il più possibile gli utili e i dividendi agli azionisti – nonché, non dimentichiamolo, le retribuzioni  dei manager attraverso sistemi di incentivi legati ai risultati di bilancio – azionisti che, infatti, soddisfatti, confermeranno l'amministratore delegato Castellucci alla guida della società e del gruppo".

Delle indagini svolte dai finanzieri del Primo gruppo Genova si parlerà ancora oggi, lunedì 20 marzo, alla ripresa del processo Morandi nell'aula ricavata nella tensostruttura del Tribunale di Genova.

Oggi saranno sentiti altri tre testi dell'accusa: Andrea Pancani, Massimiliano Zimmari e Bernardo Rinaldi, tre dipendenti Spea, la società di ingegneria che aveva il compito di controllare Autostrade ed invece ne era una costola del tutto assoggettata.

Pancani e Zimmari sono due tecnici Spea che controllavano le infrastrutture di Aspi dopo la tragedia e si accorsero subito che la situazione era drammatica per le verifiche mai svolte negli anni passati. Furono loro a mettere sull'avviso che era necessario subito chiudere le autostrade e avviare la messa in sicurezza delle opere.
Rinaldi invece potrà spiegare quanto fosse difficile controllare le strutture di Autostrade perché mancavano anche gli accessi per arrivare a visionare i punti critici, gli stralli delle pile o anche i cassoni, che invece ci sarebbero dovuti essere, come le scalette di servizio ad esempio.

Per fare passare per sicure strutture che non erano sicure bastava falsare i report, assegnando alle verifiche più rassicuranti al fine di fare slittare i lavori, come è stato scoperto dopo il crollo.

Non solo: Autostrade -come emerso delle udienze della settimana scorsa - si limitava a effettuare superficiali ispezioni con i droni, da lontano, e puntava tutto, si fa per dire visto che per alcuni non ha fatto neppure questo, nelle discusse prove riflettometriche con impulsi elettrici, che oltre all'Italia usavano solo in Canada e Brasile.

Un altro testimone che si è trovato nella drammatica situazione di cercare di mettere delle pezze per riparare i lavori non svolti da Aspi degli anni passati è Placido Migliorino, il super ispettore del Ministero dei lavori pubblici, che sarà in aula domani.

Lui è l'emblema dello Stato che punta l'indice contro Autostrade per l'Italia, seppur in ritardo però, perchè per molti sul banco degli imputati ci sarebbero dovuti essere anche ministri e sottosegretari che per decenni hanno delegato tutto ad Aspi e Spea senza controllare.

Fu Migliorino, dopo il crollo della Galleria Bertè sulla A26 di fine 2019, a capire che bisognava chiudere le autostrade liguri per metterle in sicurezza, a costo di paralizzare il traffico e l'economia dell'intera regione.

Autostrade non ha svolto i lavori per risparmiare: e che mirasse ai soldi e non alla sicurezza si evince da una nota al bilancio 2012:
"Il decremento dei costi per servizi, pari a 190.171 migliaia di euro (-11,4%) è attribuibile essenzialmente al decremento delle prestazioni edili e professionali principalmente correlate alle minori attività di costruzione di opere autostradali, oltre che alla manutenzione delle stesse".

Passano quattro anni e a calce del bilancio Aspi 2016 si legge:
"La diminuzione dei costi per servizi, pari a 224.666 migliaia di euro, è attribuibile essenzialmente al decremento delle prestazioni edili correlate sostanzialmente ai minori volumi di investimento in attività in concessione, nonché ai minori interventi di manutenzione sulla rete autostradale, derivanti dalla differente programmazione operativa e dalla minore nevosità registrata".

Per avere un'altra conferma basta osservare i grafici dei costi per servizi messi a bilancio (dentro le quali restano ben occultate le spese per interventi di manutenzione strutturale delle opere) e il loro andamento è, clamorosamente a decrescere.

Dunque, la rete autostradale invecchia, ma i costi (che comprendono anche quelli) di manutenzione strutturale (salvo che in due anni) diminuiscono costantemente – immaginiamo con grande apprezzamento degli azionisti – sino a ridursi dai 1.190.061 € del 2010 sino ai 487.002 € del 2018, con un decremento pari al 58,09%.

Di questo era, ovviamente, consapevole l'intero top management del Gruppo, come emerge, tra l'altro, da una conversazione telefonica dopo il crollo del 24 febbraio 2020 fra Gianni Mion, l'ideologo dei Benetton (amministratore delegato della holding della famiglia di Treviso, la Edizione, dal 1986 al 2016, consigliere di amministrazione sia di Autostrade per l'Italia sia della sua vecchia controllante, Atlantia) ed Ermanno Boffa, commercialista marito di Sabrina Benetton:

MION: una delle cose che è emerso è che noi per molti anni le manutenzioni non le... non le
abbiamo fatte in misura...
BOFFA: eh, me lo dicevi sì, me lo dicevi
MION: esatto... costante negli anni, nonostante che la... la vetustà aumentasse...

Qualche giorno prima Mion ribadisce il concetto con Giorgio Brunetti, professore veneziano emerito della Bocconi, tirando in ballo anche Gilberto Benetton (uno dei fondatori dell'impero morto pochi mesi dopo la tragedia del Morandi per una malattia fulminante).

MION: si, ma però poi il vero grande problema è che le manutenzioni le abbiamo fatte in calare,
 più passava il tempo meno facevamo, eh...
BRUNETTI: si daiii....
MION: perché così distribuiamo più utili...
BRUNETTI: utili...
MION: esatto....e Gilberto e tutta la famiglia erano contenti..

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