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Il sindacato denuncia: "I minori arrestati vengono condotti in carceri di altre città, ma così si separano le famiglie"
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GENOVA - “Di fronte all’aumento esponenziale di episodi violenti che vedono coinvolti in Liguria e nel capoluogo ligure minori, spesso anche migranti senza famiglia, credo si debba avere il coraggio di prevedere che Genova torni ad avere un Istituto penale per minorenni, come c’era fino a vent’anni fa." Lo scrive in una nota il Sappe, sindacato autonomo polizia penitenziaria, attraverso le parole del segretario generale Donato Capece, che auspica un incontro con il Presidente della Regione Liguria Giovanni Toti ed il Sindaco di Genova Marco Bucci riguardo ai numerosi atti di violenza da parte di minori.

"Si devono certamente mettere in campo idonee politiche di integrazione che consentano, attraverso lavoro e studio, l’inserimento dei giovani nel tessuto urbano e sociale delle città, specie se stranieri, ma non si deve avere paura di prevedere che vi sia anche un carcere nel quale detenere coloro i quali si macchiano di reati, spesso gravi, come sta accadendo sempre più spesso”. prosegue la nota.

“Oggi i minori arrestati nel capoluogo ligure, dopo un brevissimo passaggio nel Centro di Prima Accoglienza di via Frugoni, vengono poi destinati nelle carceri minorile di altre città – ad esempio Milano, Torino, Bologna, Pontremoli. Per coloro i quali hanno una famiglia alle spalle, questo vuol dire essere sradicati dal tessuto urbano e sociale nel quale si è cresciuti, con buona pace della territorialità della pena. Un istituto penale per minorenni a Genova potrebbe consentire un ottimale percorso di reinserimento per i ragazzi, anche attraverso la previsione di una capienza non elevata (non più di 50 ospiti), il rapporto con gli operatori e in particolare con il personale di Polizia Penitenziaria (che per lavorare nelle strutture per minori acquisisce preventivamente una specializzazione professionale) e una particolare attenzione del territorio che deve considerare l’IPM come parte integrante del tessuto urbano e sociale. Tutte componenti utili a realizzare una struttura detentiva modello. Perché è giusto che chi sbaglia sappia che può finire in carcere, garantendogli però la speranza (come recita il motto del Corpo di Polizia Penitenziaria) di un futuro differente”. - conclude la nota