Alla fine del mese, il 28 giugno, quelli che un tempo si chiamavano “i comunisti” si incontreranno al Galata museo per affrontare un tema serio: “Appunti per una storia dei comunisti genovesi, 1945-1990”. Lo faranno coordinati dalla Fondazione Diesse che ha il benemerito scopo di “conservare la memoria, i documenti, le testimonianze concernenti la storia del movimento operaio genovese e , in particolare, la storia del Pci e dei comunisti genovesi”. Era l’ora.
Era l’ora che i comunisti riparlassero della loro storia in questa città, tirando fuori dalla naftalina personaggi e vicende, scelte e rinunce, errori e successi. Che parlassero del partito che c’era e si vedeva, non del vuoto pneumatico di idee e progetti che oggi caratterizza la rete dei partiti., certamente non solo della sinistra. Per fare questo incontro alcuni “vecchi saggi” come Pietro Gambolato, Camillo Bassi e Renato Penzo hanno chiamato numerosi testimoni e tra questi anche i giornalisti che, allora, e parliamo degli anni Settanta e Ottanta o erano organici o erano molto criticati perché poco allineati. Ma erano critiche serie, dette in faccia, occhi negli occhi, non sussurri di corridoio magari per suggerire qualche sgambetto mediatico al vicino di stanza.
L’iniziativa dei “comunisti genovesi” con buona pace del premier che vive costantemente con l’incubo di Bandiera rossa (persino il consigliere Gagliardi ha ammesso che non ha più paura dei compagni) servirà, speriamo, non solo alla sinistra ma a tutti per capire che senza partiti veri, organizzati, presenti e non “liquidi” ed evanescenti è impossibile fare politica.
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