Sul lungomare di Genova il Lido occupa una posizione di primo piano dal punto di vista geografico e urbanistico: Rinaldo Luccardini ricorda che ai primi del Novecento fu pensato addirittura come luogo di decollo e atterraggio per attuare un regolare servizio di posta aerea fra Genova e Marsiglia. Poi nel 1908 su iniziativa di Giuseppe Garibaldi Coltelletti fu realizzato quello che divenne uno dei più grandi impianti balneari d'Europa ospitando un albergo corredato di un vasta area attrezzata a cabine piscine etc. Se il Lido in quegli anni ambiva a quel primato (e lo confermò per anni), oggi forse potrebbe rappresentare uno dei beach resort urbani più significativi – anche privato dell’albergo negli ultimi decenni - ovvero un impianto ben radicato nel tessuto di una città consolidata. Proprio in controtendenza rispetto a questi ultimi il Lido pare un modello ben congegnato rispetto al complesso di interessi pubblici e privati che un pezzo di città affacciato sul mare oggi deve affrontare, ivi compresi i servizi che può offrire. Ma non si tratta solo di una questione che riguarda il fronte mare. A monte del Lido c’è un altro impianto che è entrato nella storia: lungo un asse di circa ottocento metri si allineano le piscine dello stadio di Albaro, progettate da Paride Contri negli anni trenta (ritenute per decenni un modello per l’architettura europea), e un sistema di varie attrezzature sportive che sfocia proprio al Lido. Questi interventi, unitamente ad altri come Piazza Rossetti (progetto Luigi Daneri) e Valletta Cambiaso (progetto Franco Albini) dimostrano come nel secondo Novecento Genova, in alcuni punti vicino al mare, ha saputo fare grandi cose. Sono interventi che hanno dato respiro alla città: in un tessuto così intricato, nervoso, pieno di saliscendi alcune grandi fenditure hanno creato uno stacco per dar luogo a una città alternativa a quella densa che caratterizza il centro storico. Le imprese urbane e necessariamente economiche che entrano nella storia – e ne abbiamo appena citate alcune - sono quelle che sanno far voltare pagina ad una città. Chi concepì il Lido “vide 10 cabine e immaginò quello che saremo diventati"; Francesca Rizzo, oggi proprietaria ricordando “un padre capace di sognare e far sognare”, auspica idee e progetti di alto livello. E il problema è effettivamente avere una visione: alla Foce Renzo Piano, nel suo affresco, ha immaginato una grande spiaggia, anche qui qualcuno vorrebbe una grande spiaggia, ma si potrebbe immaginare anche altro: quell’asse straordinario che parte dal Lido e vola su piscine e campi fino al Parco di Villa Gambaro è un’occasione straordinaria per inventare e investire. E’ una spina territoriale che va completata, anche tramite il nuovo Lido. In questo contesto l’intenzione di introdurre residenze asservita a “far tornare i conti” pare un pò riduttiva. In fondo un’impostazione di questo tipo è all’opposto dell”investire” e rappresenta una lenta erosione dell’immaginazione e, talvolta, anche dei diritti dei cittadini. Genova - a dispetto di chi ne vede spesso solo i limiti e non sa leggerne le “eccellenze” – può essere vista come un modello di sviluppo moderato, proprio perché storicamente ha rinunciato a varie occasioni di sviluppo ponendo al primo posto la qualità della vita, centrando obiettivi importanti anche più recenti, come il recupero del porto antico e di parte del centro storico.
*Presidente AMS Architettura Modernità Scienze
IL COMMENTO
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