Da ieri sera il porto di Genova è senza una guida. Dopo che ieri pomeriggio il presidente uscente Giovanni Novi è stato messo agli arresti domiciliari nell'ambito di un'inchiesta della Procura della Repubblica sulle concessioni dei terminal portuali, in serata ha deciso di dimettersi. Novi è accusato di turbativa d'asta, per due assegnazioni delle aree del terminal Multipurpose nel 2004 e nel 2007; concussione ai danni della compagnia di armatori e terminalista Ignazio Messina e truffa aggravata per il versamento di 1.728.000 euro alla compagnia unica Culmv (quella dei camalli), guidata da Paride Batini. Il mandato di Novi sarebbe scaduto oggi, ma sarebbe scattata una proroga. La notizia dell'arresto di Novi è stata accolta con preoccupazione e sconcerto dal mondo politico ed economico. Il presidente della Regione Claudio Burlando ha invitato le forze politiche "ad un atto di responsabilità" affinché esprimano l'ultimo parere sulla nomina del nuovo presidente Merlo senza indugi. Preoccupazione per le conseguenze negative sul porto e sulla città sono state espresse dal sindaco di Genova Marta Vincenzi. Tutti improntati allo sconcerto ed al riconoscimento di Novi come "un galantuomo" i commenti di Forza Italia, a partire da quello di Claudio Scajola. Giovanni Novi, uno stimato ed anziano broker marittimo facente parte della Genova che conta, fu nominato presidente tre anni fa su indicazione bipartisan del sindaco dell'epoca Giuseppe Pericu (Ds) e del presidente della Regione Sandro Biasotti (Cdl). Le voci dell'arresto si erano diffuse ieri pomeriggio con l'arrivo, a Palazzo San Giorgio, storica sede dell'autorità portuale, del pm Walter Cotugno (titolare dell'inchiesta insieme a Enrico Zucca) e dei finanzieri del Reparto operativo aeronavale (Roan) per una lunga ed accurata perquisizione. Altre perquisizioni, con il concorso anche degli uomini della capitaneria di Porto, sono state eseguite presso l'abitazione di Novi e presso gli uffici di altri indagati. L'inchiesta della magistratura prese avvio diversi mesi fa sulle procedure di assegnazione del terminal Multipurpose, uno dei più ambiti dello scalo marittimo genovese, il maggiore d'Italia. Il presidente del porto è indagato per aver fatto pressioni su alcuni terminalisti per farli ritirare dalla gara di assegnazione del terminal dopo la rinuncia di Msc. In concorso con Novi sono indagati anche l'ex segretario generale dell'Autorità Portuale, Sandro Carena, il consulente legale Sergio Maria Carbone e l'armatore Aldo Grimaldi. La procura vuole fare luce anche sui fondi (1,72 milioni di euro di cui la metà già versati) assegnati dall'Autorità Portuale alla Compagnia unica, come rimborso degli extracosti sostenuti nel 2005 per la gestione temporanea del Multipurpose. Per un parere sulla delibera del comitato portuale che stanziò i soldi, sarebbe indagato anche l'avvocato dello stato Giuseppe Novaresi. La svolta nelle indagini è avvenuta nel luglio scorso. Significative, secondo quanto si è appreso, sarebbero state le dichiarazioni dell'armatore Ignazio Messina rilasciata in una trasmissione di Primocanale, secondo il quale Novi avrebbe posto come condizione alla concessione degli spazi l'ingresso di Tirrenia, che non aveva neanche partecipato alla gara. L'affidamento delle aree del Multipurpose è una vicenda complessa. In pole position era la Msc di Gianluigi Aponte, il secondo operatore mondiale del settore. Ma a sorpresa decise di ritirarsi e tra gli altri concorrenti spuntò l'ipotesi di potersi accordare per dividersi gli spazi. Ad attirare l'attenzione degli inquirenti fu un ricorso del Gruppo Grendi che non aveva partecipato alla gara. Il 21 marzo scorso il Tar si pronunciò contro la procedura. La sentenza ebbe come conseguenza l'apertura di un'inchiesta, per occupazione abusiva di aree demaniali, a carico dei terminalisti Messina, Spinelli, Scerni-Gavio, Tirrenia e Alfonso Clerici.
Cronaca
Novi agli arresti domiciliari si dimette, porto di Genova nel caos
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