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Matt Damon e Ben Affleck protagonisti di una vicenda realmente accaduta al tempo della Guerra dei Cent’anni
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Ridley Scott ha legato il suo nome a film che sono rimasti nella storia del cinema affrontando la fantascienza di ‘Alien’ e ‘Blade runner’, il dramma femminista con ‘Thelma & Louise’ quando le odierne rivendicazioni del movimento #MeToo erano inimmaginabili e l’avventura storica nel ‘Gladiatore’. Adesso, a 84 anni, torna di nuovo indietro nel tempo raccontando con ‘The last duel’ un Medio Evo spietato e crudele. Prendendo spunto da un libro copre gli eventi che portarono in Francia, nel 1386 durante il turbolento periodo della Guerra dei Cent'anni, all'ultimo duello ufficialmente combattuto. Una storia per noi sconosciuta che fa parte del patrimonio culturale francese, spesso citata oltralpe in molteplici dibattiti tanto che secoli dopo se ne occupò perfino Voltaire.

Un cavaliere normanno, Jean de Carrouges (Matt Damon) torna a casa dopo una lunga assenza e al suo arrivo la moglie Marguerite (Jodie Comer) accusa l’ex-scudiero del marito Jacques Le Gris (Adam Driver) di averla violentata, atto di cui l’uomo si dichiara innocente. Senza testimoni oculari, il tribunale sceglie di lasciar decidere l’eventuale colpevolezza a qualcuno di molto più in alto: Carrouges e Le Gris combatteranno un duello all'ultimo sangue attraverso il quale un Dio giusto farà in modo che la persona che dice la verità ne uscirà vittoriosa. Ma non è tutto perché se Carrouges morirà vorrà dire che Marguerite ha dichiarato il falso e dunque – secondo le regole del tempo – sarà prima torturata e poi bruciata viva. D’altronde, si sa, il mondo non è ma stato gentile con le donne.

Scott decide di raccontare questa storia prendendo a prestito la struttura di ‘Rashomon’, il capolavoro di Akira Kurosawa che anch’esso aveva al centro uno stupro, dove la stessa vicenda e la verità ad essa sottesa era raccontata da tre testimoni ciascuno a suo modo con versioni discordanti secondo l’interesse di chi le riportava. Anche qui il film è diviso in tre parti, tre diverse prospettive – prima il cavaliere, poi lo scudiero e infine la donna – ognuna delle quali, in una cultura moralmente corrotta come quella della Francia del XIV secolo, offre via via nuovi livelli da considerare portando lo spettatore a valutare concetti come onore, cavalleria e genere. In questo discorso frammentato in più parti, quello che affascina di più sono i piccoli dettagli: un personaggio che ricorda un fugace bacio in modo diverso da un altro o un paio di scarpe che da un lato vengono tolte con delicatezza mentre dall’altro precipitano in fondo ad una scala perse da una persona che corre in preda al panico.

‘The last duel’ è una brutale storia di tradimento e vendetta, protagonisti uomini egocentrici che giocano al potere e sottomettono le donne utilizzando i concetti di dovere, lealtà e fedeltà a Dio come pretesti per le loro azioni meschine e criminali. Perché affinché non si pensi che Carrouges combatta per difendere l'onore della moglie, vale la pena ricordare come allora lo stupro fosse considerato non tanto un crimine contro la donna ma contro il marito che di quella donna deteneva proprietà e patrimonio, strumento da utilizzare come veicolo per l'eroismo dell'uomo. Questo – soprattutto grazie ad una sceneggiatura nella quale Affleck e Damon hanno voluto coinvolgere Nicole Holofcener aggiungendo una fondamentale prospettiva femminile – risulta chiarissimo in un film cupo, brutale e sessualmente violento, dove il crimine di un uomo finisce per diventare il diritto di un altro, magari con la connivenza del clero, mentre la verità di una donna è sempre ignorata da un potere in mano soltanto a maschi.

Ovviamente lontano dall'ambiguità di ‘Rashomon’, meno complesso rispetto all’architettura drammatica frammentaria che Kurosawa aveva dato al suo film, ‘The Last Duel’ si propone tuttavia come un veicolo di moderna consapevolezza pur obbedendo ai requisiti classici del genere cinematografico di cui si serve. Scott lo dirige al galoppo, con la stessa forza muscolare del ‘Gladiatore’, operando una decostruzione del dramma cavalleresco, rinnovando un genere e prendendosi se non altro il merito di concentrarsi sulla protagonista femminile come depositaria dell'ultima versione, (forse) la più vicina alla verità, testimoniando un’epoca nella quale tradimento e onore venivano usati come scusa per meri interessi egoistici. Mira insomma a qualcosa di più di una sia pure avvincente lezione di Storia usando quella storia per ricordarci che da allora è cambiato davvero pochissimo nel modo in cui la società tratta le donne in generale e in particolare la loro sessualità.