cronaca

L'attesa del vaccino e la reticenza a vaccinarsi vista con gli occhi di una paziente fragile
4 minuti e 6 secondi di lettura
 Credo che nella vita ci siano talvolta incontri, anche fugaci, che imprimono un marchio al proprio modo di pensare. In tema di Covid mi aveva colpito, all’inizio della pandemia, la storia di un paio di ragazze che, mentre la gente si lamentava perché era costretta ad usare la mascherina, spiegavano alla collega Tiziana Oberti, che loro, immunodepresse, la mascherina la dovevano portare da un sacco di tempo e che se la gente sana non la avesse usate per loro sarebbe stato un grosso problema, per il rischio di contagio.


Relativamente di recente mi ha invece impressionato positivamente l’incontro con una signora. Premetto che in tema di vaccini, ho seguito le prassi previste, cioè il giorno in cui si apriva la prenotazione online per la mia fascia di età, mi sono messa a schiacciare come una pazza il tasto “aggiorna” del telefono per essere tra i primi a poter prenotare: per me era un’ossessione quella di riuscire ad ottenere l’agognato vaccino, per essere protetta dal virus. Mi sono prenotata ma era già scattata la regola che prevedeva 42 giorni per il richiamo, anzichè i previsti 14 per Pfizer e 21 per Moderna. “Peccato” che poco dopo le regole siano cambiate e si sia deciso di fare gli open day per convincere gli indecisi, senza prenotazione e con richiamo non allungato.

Mi sono innervosita, perché mi sembrava la tipica cosa all’italiana, cioè se segui le regole te la prendi in quel posto, se invece sei “indeciso” perché non vuoi rischiare magare di saltare le vacanze per il dover fare il richiamo, ti servono su un piatto d’argento il vaccino quando ti viene comodo. Mentre chi di dovere spiegava che ciò si faceva “per vaccinare più persone possibili” (e va bene, ok), io mi sono incocciutita a volere anticipare il richiamo (non era stata ancora istituzionalizzata la prassi) per il motivo che ho spiegato prima, cioè mi sentivo presa in giro, io, ligia.

Ho dunque chiamato ripetutamente la mia Asl, decine di telefonate perché o era occupato, o non mi rispondeva nessuno, oppure mi passavano l’ufficio sbagliato… alla fine una gentile signora mi ha pregato di mantenere la data prenotata perché “di Moderna – il mio vaccino - ce n’è poco e quindi se apriamo una scatola per lei dobbiamo trovare altre 15 persone che lo facciano quel giorno…”. Ok. Ma la ho pregata di mettermi in lista di attesa, nel caso si fosse liberato un posto prima. Un pomeriggio di pioggia, 9 giorni prima del richiamo fissato (a 42 giorni), è suonato il telefono e una ragazza mi hanno detto se potevo correre all’ospedale di Lavagna perché era avanzata una dose di Moderna: sono scattata come una molla e sono partita.

Arrivo ora all’incontro citato all’inizio, che vi ho voluto spiegare perché sia avvenuto all’ospedale di Lavagna e non all’hub di Chiavari dove avrei dovuto fare la seconda dose. All’ospedale di Lavagna vengono vaccinati i soggetti fragili, quelli che per qualsiasi motivo rischiano qualcosa facendo il vaccino. Così sono già in ospedale se questo qualcosa succedesse. La dose era avanzata lì. Quando arrivo mi stanno aspettando, faccio subito. Vado in sala d’attesa per far trascorrere i dieci minuti canonici e incontro una signora, coricata su una barella, in attesa anche lei. Avrà sessant’anni o poco più. Sente che io telefono a mia mamma, esultando per essere riuscita ad anticipare la dose. Lei sente e si complimenta: “C’è tanta gente che non si vuole vaccinare e mi fa dunque piacere sentire il suo entusiasmo per aver chiuso il ciclo”. Iniziamo a chiacchierare, le chiedo perché sia lì e mi racconta di avere tante patologie e di essere allergica: “La prima volta ho avuto effetti collaterali piuttosto pesanti ma ero già qui e mi hanno curata. Per questo sono di nuovo qui per la seconda dose: mi sento come ubriaca, mi gira un po’ la testa, aspetto mio marito, sono qui da due ore. Eppure mi sono vaccinata, perché mi hanno detto di vaccinarmi, perché mi fido dei medici e se mi vaccino io in queste condizioni come mai non si vaccinano le persone sane?”.

Questa domanda purtroppo resta sempre attuale perché c’è sempre uno zoccolo duro di persone che non si vaccinano (anche se potrebbero farlo). E vorrei che trovassero il coraggio di farlo (se il problema è la paura) leggendo le parole pronunciate da questa signora. Poche, ma di grande esempio. Se tutti condurremo una vita un po’ più normale sarà anche grazie a persone come lei.