cronaca

Risposta al primo squillo e in un quarto d'ora ricetta recapitata dal medico sotto casa
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Quante volte ho scritto di casi di malasanità, e sempre a ragione. L'ultima volta, ormai due anni fa prima dell'avvento del Covid, per i disservizi di un pronto soccorso genovese osceno, ed infatti era scoppiato un finimondo.

Oggi invece sono quasi felice e mi sento in dovere di scrivere di una sanità pubblica che ha funzionato come un orologio svizzero, o forse come la Asl3 genovese. Una sanità elastica e rapida che mi ha lasciato stupefatto e reso orgoglioso di essere italiano più di quando l'Italia di Mancini ha vinto gli europei. Forse sarò stato solo fortunato, ogni tanto, voglio sperare, può capitare anche a me.

Ma ecco la cronaca della giornata della sanità pubblica che non t'aspetti. Ore 8.30: telefono alla farmacia sotto casa, nel centro storico, zona San Lorenzo per un farmaco utile per un problema a un familiare. Niente di grave, ma intuisco che è meglio avviare la terapia in tempi rapidi.

Il farmacista mi dice gentile che non può darmi il medicinale, "serve la ricetta" sentenzia dolce ma irremovibile. Tutto giusto: ma dove la trovi una ricetta al sabato mattina? Il mio medico di base non risponde a nessuno dei sue due numeri come è nel suo diritto.

Non rimane che la guardia medica, il servizio da molti spesso in passato bistrattato (e tante volte a ragione) che sostituisce il moderno medico di famiglia 2.0. Cerco il numero su Google con il cellulare: al primo squillo subito la risposta: "Guardia medica mi dica?". "Belìn", mi dico, "che velocità, taci che forse oggi gira bene...", penso a voce alta.

Il centralinista, forse un infermiere o solo un autista, il tempo di chiedermi nome e cognome e mi passa la dottoressa di turno. Una donna gentile e essenziale, le spiego il problema, mi indica la terapia e mi chiede facendomi sentire importante come forse mai mi era capitato al cospetto con un dipendente del Ministero della Salute: "Lei è in centro, in quale farmacia le posso portare la ricetta? Parto subito dall'ospedale Galliera, sarò lì in dieci minuti".

Io avrei voluto risponderle: "Ma sta scherzando vero?". Pensavo che potesse inviarmi chissà quando la ricetta via email con tutti quei codici da decifrare per aprirla e poi inviarla al farmacista. O che dovessi raggiungerla chissà dove. Magari in uno di quegli ambulatori ricavati in quegli ex ospedali ridotti quasi a niente a causa degli errori della sanità pubblica, il Celesia di Rivarolo, il Gallino di Pontedecimo, l'ex manicomio di Quarto.

Mi riprendo dalla sorpresa e le spiego che mi trovo davanti alla farmacia di via Canneto il Lungo di piazza Cinque Lampadi, aggiungo anche che davanti a tanta gentilezza non posso limitarmi ad aspettare e le verrò incontro in piazza Raibetta, in modo da non farle fare neppure un metro a piedi.

Lei ringrazia e aggiunge, "arrivo, mi riconoscerà dall'auto della Asl3 e dal giacchettino colorato". Io ringrazio sempre più incredulo: poi l'incontro nei tempi previsti con la dottoressa, in carne e ossa, la conferma che non sto sognando. Lei mi compila e consegna la ricetta sul cofano dell'utilitaria della Asl3 ferma in una piazza Raibetta piena di visitatori del Nautico vestiti da velisti urbani in attesa di un taxi che sembra non arrivare mai.

Ringrazio la dottoressa, che scoprirò dalla ricetta si chiama Michela Moscatelli, e l'autista per l'efficienza, e chiedo alla donna se posso farle una foto di spalle: per immortalare la bellissima sorpresa di questa sanità elvetica, anzi, genovese o forse solo italiana. Hai visto mai che a forza di concentrarci sul covid ci siamo dimenticati che tutt'intorno c'è un universo parallelo che pur in prima linea contro il virus non si è mai fermato e funziona come, e forse meglio, che a Zurigo.