Lo staff della sicurezza di Bush che voleva far alloggiare il presidente in una portaerei al largo del porto di Genova, il sistema radio della polizia che funzionava a intermittenza, la gestione di quei giorni di vent’anni fa da parte del Governo italiano. Claudio Scajola, allora ministro degli Interni, è il protagonista della seconda puntata della docuserie di Primocanale sul G8.
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Genova si ritrovò per giorni blindata. Gli occhi del mondo puntati su cosa accadeva in città. La riunione dei potenti del pianeta e un piano sicurezza da gestire. “Noi eravamo entrati in carica da un mese e avevamo il dilemma di come comportarci - racconta Scajola -. Era la prima uscita ufficiale di Bush appena eletto presidente degli Stati Uniti, era la prima volta che la Russia partecipava al G8. Decidemmo di blindare la città, vietare il sorvolo aereo, i tombini vennero bloccati, avevamo i missili terra aria all’Interno del territorio genovese: una serie di misure mai viste in Italia”.
Primocanale, televisione ufficiale del G8, testimoniò ai genovesi prima e a tutto il mondo poi quello che stava accadendo in città con le immagini e le riprese che attraversarono i cinque continenti. Da una parte la riunione dei capi di stato più importanti al mondo, dall’altro gli scontri, la tensione, i manifestanti, i black bloc e gli infiltrati. Giornate complicate.
“Alcune fazioni deviate dei servizi giocavano a creare l’allarme - racconta ancora Scajola -. Conservo ancora un documento dove per la prima volta compariva il nome di Osama Bin Laden. Questo documento lo girammo agli Stati Uniti, poi due mesi dopo avvenne la tragedia delle torri gemelle con gli Usa impreparati. Pensavano che l’oceano che li separava li difendesse”.
Ma più di qualcosa a Genova nei giorni del G8 non ha funzionato. “È una città complicata, bellissima ma non adatta a gestire eventi come quelli. Io mai avrei scelto Genova. Quello che però accese la miccia e diede il via alla tensione con le immagini tremende in cui il corteo dei contestatari si trova bloccato in corso Italia, senza vie di fuga, e poi le immagini delle forze dell’ordine che scappano. Il motivo? il sistema radio che collegava le forze di polizia nell’organizzazione dell’evento non era funzionante. È stata una pagina tremenda che ha messo in difficoltà le stesse forze dell’ordine".
Scajola racconta ancora: "Il momento più brutto? Quando sono stati avvertito della morte di Carlo Giuliani. La prima preoccupazione fu quella di vedere un giovane di 23 anni morire, la seconda che la situazione potesse peggiorare e ci potesse un pericolo per i capi di Stato. A quel punto la zona rossa non potesse essere violata da nessuno, una zona militare, nessuno doveva entrare".
E poi ancora la confessione: "I piani di sicurezza non erano prediposti rispetto a quello che sarebbe potuto accadere,non erano adeguati, ma noi c'eravano da appena un mese, se li avessimo toccati avremmo corso rischi maggiori. Quello che è successo a Genova è servito per l'organizzazione delle grandi manifestazioni successive" conclude Scajola.
cronaca
G8 di Genova vent'anni dopo, la docuserie di Primocanale. Scajola: "Il sistema radio della polizia non funzionava"
L'allora ministro degli Interni: "Dovevamo garantire la sicurezza"
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